"Turning to Crime" è un onesto divertissement che non aggiunge niente alla storia della band ma che si lascia ascoltare
LONDRA - Ieri i Deep Purple hanno pubblicato il loro nuovo album, "Turning to Crime". La leggendaria band britannica si è cimentata in qualcosa che non aveva mai tentato in una carriera lunga più di 50 anni: pubblicare un disco di sole cover.
«Il peggio che potremmo subire è che la gente non capisca perché non siamo riusciti a riunirci per scrivere e fare qualcosa, e il perché abbiamo pubblicato quest'album» ci ha spiegato il frontman Ian Gillan nell'intervista che gli abbiamo fatto proprio per questa occasione.
Il consiglio, dopo aver ascoltato l'album, è di approcciarsi a esso senza troppe aspettative e senza essere prevenuti. "Turning to Crime" è un onesto divertissement che non aggiungerà niente alla storia dei Deep Purple, ma che si lascia ascoltare. L'approccio, ci ha spiegato Gillan, è stato di prendere alcuni brani amati dai vari membri della band e «purplizzarli», ovvero rivisitarli in modo da essere il più possibile identificabili con quello che è il sound peculiare della band.
Ecco così che troviamo brani dei Love ("7 And 7 IS), di Bob Dylan, ("Watching The River Flow"), dei Fleetwood Mac ("Oh Well"), dei Cream ("White Room") e così via, fino ad arrivare al mastodontico medley finale, "Caught In The Act", che unisce Freddie King a Booker T and the Mg's, The Allman Brothers Band ai Led Zeppelin, fino al classicone "Gimme Some Lovin'" firmato The Spencer Davis Group.
Il risultato è spesso godibile - senza stare troppo a sindacare se sia meglio la cover dell'originale, il che avvelenerebbe l'ascolto. Soprattutto, si sente che i Deep Purple si sono divertiti a realizzare questo album, che è stato realizzato (per loro esplicita dichiarazione) senza finalità commerciali e che, per loro, è «100% Deep Purple». Quindi, va bene così.