La miniserie di Netflix non offre risposte definitive sul mistero del dirottatore più celebre di tutti i tempi
LOS ANGELES - Il 13 luglio Netflix ha pubblicato la miniserie documentaria "D.B. Cooper: il dirottatore che svanì nel nulla". Il caso è il più celebre tra i cosiddetti "cold case" della storia degli Stati Uniti: il 27 novembre 1971 un uomo dirottò un aereo in volo da Portland a Seattle mostrando quella che sembrava essere una bomba all'interno di una valigetta. Una volta fatti scendere i passeggeri e ottenuta la somma richiesta di 200mila dollari, il Boeing 727 riprese il volo e a un certo punto l'uomo, che si era identificato con il nome di Dan Cooper (D.B. Cooper fu un errore dei media mai corretto) si lanciò con il paracadute e il bottino, facendo perdere per sempre le sue tracce.
Una vicenda talmente famosa, quella di D.B. Cooper, da essere ben radicata nell'immaginario popolare statunitense (è stata citata anche in show del calibro di "Breaking Bad" e "Loki"). La miniserie ricostruisce la vicenda del misterioso dirottatore, ma a un certo punto s'incrocia (fino a venirne irrimediabilmente fagocitata) dalle storie di coloro che, da anni o decenni, si sono appassionati al caso e pensano di aver risolto il mistero dell'identità dell'audace fuorilegge. Ecco perché "D.B. Cooper: il dirottatore che svanì nel nulla" è più il racconto di chi si è trasformato - per mestiere o passione - in "cacciatore" che il tentativo di gettare finalmente una luce chiara su chi fu tanto audace da ideare (e portare a termine) un colpo del genere.