Il nome del celebre indovino cieco della mitologia è stato ripreso dalla band ticinese, che propone un energico hard 'n' heavy
BIASCA - «Non si è mai conosciuta una società umana senza miti, e anzi è dubbio che una società simile sia mai possibile. Un criterio per misurare il progresso dell'uomo dai suoi inizi più remoti fino a quella che noi chiamiamo civiltà è dato dal modo in cui egli controlla i suoi miti, dalla sua capacità di distinguere tra le aree di comportamento, dal grado in cui egli sa condurre sempre più la sua attività sotto il dominio della ragione». Lo scrisse lo storico ed etnologo Moses Israel Finley nel suo "Il mondo di Odisseo" e sono parole che i Tiresia sottoscrivono in pieno. Fin dal nome, infatti, la band hard 'n' heavy formata nel 2017 dal cantante e chitarrista Riccardo Catinella costruisce la sua identità sulla mitologia. Tiresia, infatti, è l'indovino cieco che indica la via del ritorno a Odisseo (per i greci, Ulisse secondo i romani) che si è addentrato nell'Ade, ovvero nel regno dei morti, proprio per consultarlo. Ne abbiamo parlato con Riccardo, che da poco meno di un anno condivide il palco con Luca Gentile (basso) e Mauro Ehrismann (batteria) e ha sfornato tre singoli.
Perché hai scelto di usare la mitologia per raccontare le turbe psico-emotive dell'uomo contemporaneo?
«Il mito nasce per insegnare ai posteri certi ragionamenti e modalità di vita. Io, essendo siciliano di origine, risento tantissimo dell'influsso della cultura greca - e lo stesso il bassista. A tutto questo uniamo il fatto che è dal disagio - psicologico, oppure emotivo - che nasce principalmente l'arte. In realtà non ci ho ragionato troppo su: mi è venuto istintivo utilizzare delle vicende tratte dalla letteratura antica per esplicare quelle che sono le mie turbe personali, collegate a lutti o altre esperienze».
Cosa va a simboleggiare, quindi, Tiresia?
«Il ritorno alle origini. Tiresia indica la strada verso Itaca a Odisseo, individuo che in quel momento è completamente perso e alla mercé di se stesso. L'indovino non fa altro che metterlo nella giusta direzione per rientrare a casa - che per noi può voler dire anche il comfort, il benessere. Io, da emigrato, lo interpreto così».
Non siamo molto abituati, oggi, ad ascoltare questo genere musicale con liriche in italiano, ma non bisogna scordare che ci fu una vivace scena hard 'n' heavy specialmente negli anni '80...
«Musicalmente sono molto nostalgico: ritengo che negli anni '70 e '80 siano stati prodotti dei lavori stratosferici, anche se in Italia nomi come La Strana Officina e i Vanadium sono stati un po' "fregati" dal mainstream. I riferimenti sonori sono questi, mentre per i testi ho scelto l'italiano per questioni di efficacia ed espressive: i concetti che volevo esprimere avrebbero perso un po' d'eleganza, in inglese...».
Cosa verrà dopo questi tre brani?
«L'idea è di raccoglierli in un Ep: ce ne sono altrettanti già pronti e ancora più incentrati sulla mitologia. Uno dei titoli, per esempio, sarà "Scilla e Cariddi"».