«Inter grande ma obbligata a vincere. Antonio bravo, ma solo le montagne non si muovono».
Arno Rossini: «I nerazzurri sono strafavoriti in Italia. La Champions? Tutta un’altra storia».
MILANO - Il campionato lo ha cominciato… così, così. Certo, i vari contagiati in rosa non hanno aiutato; i soli sette punti raccolti nelle prime quattro uscite non possono in ogni caso essere considerati un bottino soddisfacente. Questa sera però la storia è diversa, si volta pagina: questa sera c’è la Champions. Nella prima giornata della coppa “dalle grandi orecchie” l'Inter avrà l’opportunità di fare la pace con i tifosi già delusi, convincere gli incerti e zittire i critici. Basterà battere il Borussia Mönchengladbach nella sfida di San Siro. Ok, va bene: i tedeschi non sono l’avversario più abbordabile possibile. La Beneamata di quest’anno ha però le qualità e l’esperienza per giocare da favorita con (quasi) tutti i rivali.
«Ha una rosa di prim’ordine - è intervenuto Arno Rossini - ricca in ogni reparto e più che competitiva. È una grande squadra».
Una di quelle sulle quali puntare a inizio anno?
«Dipende dalla competizione».
Il campionato?
«È la grande favorita. La Juve, incompleta e guidata da un tecnico che deve crescere, credo affronterà un’annata di transizione. Il Milan ha Ibra, è vero, ma non penso possa “tenere” per 38 giornate. Atalanta, Lazio, Roma… tutte hanno qualità ma anche difetti. Credo che il vero rivale per Handanovic e soci sia il Napoli, che ho visto bello ed equilibrato. Ma in quanto a valore, i partenopei non raggiungono i nerazzurri».
E la Champions?
«Qui il discorso è diverso, è tutta un’altra storia. Oltre alle qualità tecniche dei calciatori servono altri elementi. L’esperienza a livello internazionale, il carattere, la duttilità tecnica… l’Inter qui non vale le migliori. Il gap c’è».
Scudetto e coppa affrontata dignitosamente, anche Marotta ha parlato in questi termini.
«Io li vedo come il minimo sindacale per evitare una rivoluzione».
Vincere per non cambiare? Rischia mister Conte?
«Il discorso non è semplice. L’allenatore è davvero molto bravo ma, fino a ora, in carriera ha mostrato qualche limite. È alla prova del nove».
I limiti del tecnico sono caratteriali o… tecnici?
«Entrambi. Il carattere è il punto di forza del salentino. Lui è un vulcano, un uomo di temperamento capace di far rendere al meglio gruppi poco convinti. Però questa grinta, universalmente nota, è un’arma a doppio taglio. Un vulcano, alla lunga, rischia di… portare a un’esplosione. Già la scorsa estate, con il suo sfogo, con quel broncio, arrivò vicino alla rottura. Ora lo vedo sotto esame».
La proprietà se l’è legata a un dito?
«Sicuro. Con la mediazione di Marotta-Kissinger, i padroni cinesi della società hanno fatto di tutto per accontentare un allenatore che nel primo anno ha fatto benissimo. Ora però si attendono dei risultati. Se non arriveranno, se non ci sarà un titolo a fine anno, allora sarà divorzio. Dico di più, nel caso l’Inter dovesse uscire dalla Champions e trovarsi staccata dalle prime in campionato, un esonero potrebbe arrivare anche prima della fine dell’anno».
Per quanto riguarda invece i problemi tecnici?
«Non so voi, ma io uno come Eriksen lo farei giocare sempre. Sempre. Non capisco come possa trovare così poco spazio».
Magari il mister semplicemente “non lo vede”.
«Per questo ho dei dubbi. Il danese è un centrocampista moderno, fortissimo, con un’esperienza enorme in Premier e a livello internazionale. Un giocatore del genere farebbe la fortuna di tutti gli allenatori del mondo, Conte incluso. Il problema è che l’allenatore ex Juve, Chelsea, Italia e Atalanta, tra le tante, fatica a cambiare idea e a volte non è troppo propenso a cambiare moduli e soluzioni tattiche. Così facendo rischia però di schierare formazioni molto meno competitive di quelle che la sua rosa permetterebbe. I muscoli di Vidal o altri al posto del cervello di Eriksen? Quello è solo un esempio. Ce ne sono altri. Vedi l’ormai nota difesa a tre».
Non va bene?
«Dà grandi garanzie, ma in Europa non vince. Almeno, io non ricordo nel passato recente squadre che hanno vinto la Champions giocando con quel sistema. Il punto è che un bravo mister dovrebbe studiare le caratteristiche dei suoi uomini e poi, in base a quelle, impostare un modulo di gioco. Il contrario non funziona».
Essere fermi sulle proprie convinzioni…
«No, solo le montagne non si muovono. Cambiare, evolversi e adattarsi è davvero il segreto del successo. E in questo Conte mi sembra indietro. Ha la testa dura».
Però in passato ha spesso vinto.
«Giusto, e se vince, un allenatore ha ragione. Se Conte riuscirà a portare a casa un trofeo, allora avrà avuto ragione e meriterà applausi. Ma comunque, secondo me, sta rischiando. Mettiamola così, o farà il botto o prenderà botte...».