«La finale di Champions League? Diciamo Liverpool +1, come ai matrimoni»
Arno Rossini: «I dirigenti UEFA hanno a cuore solo i guadagni».
MADRID - «Vedo due inglesi in finale». E poi: «Ricchezza? In Premier League c’è grande tradizione ma sono molte le squadre che possono fare bene in Europa». Ma anche: «La competizione più bella è sicuramente la Champions League».
Parole e musica sono di Aleksander Ceferin il quale, da grande capo della UEFA, in una delle sue ultime uscite si è premurato di esaltare - ovviamente - i tornei “amici” della Federazione continentale e a demonizzare - altrettanto ovviamente - quelli non allineati. La SuperLega nello specifico, definita antisportiva ed elitaria.
Tutte verità? Mah. Negli anni, la tanto celebrata Champions League ha infatti perso originalità: le “piccole” non possono permettersi di sognare troppo e vedere qualche outsider fare strada è sempre un evento eccezionale. Quanto fatto dal Villarreal rimane, insomma, qualcosa di rarissimo.
«Ceferin tira ovviamente l’acqua al suo mulino - è intervenuto Arno Rossini - Difende il suo giocattolo».
La Champions non è la competizione più bella?
«Se ne può parlare. Per cominciare non sono così convinto che la finale sarà tra due inglesi. Nonostante la fatica fatta, il Liverpool era prevedibile, ma adesso direi… Liverpool “+1”, come si fa nei matrimoni. Del Real Madrid non c'è infatti da fidarsi. Le merengues hanno vinto il titolo in Spagna e quindi ora hanno la mente sgombra e possono giocare senza preoccupazione nella semifinale di ritorno contro il City. Non sono favorite perché la squadra di Guardiola è veramente forte, però è anche fragile a livello difensivo. E se tu in attacco hai un giocatore come Karim Benzema, puoi sempre far male all'avversario. Poi c’è Ancelotti, secondo me il miglior allenatore di sempre…».
Il Liverpool dunque… più un’altra big. Quanto dovremo aspettare per vedere una piccola sollevare il trofeo?
«Non credo accadrà molto presto. Alcune squadre, le solite ricchissime, sono semplicemente inarrivabili».
Un recente studio economico ha fatto capire qual è il divario tra le grandi leghe europee. Di soli diritti TV, la Premier League incassa circa 4 miliardi di euro. La Liga la metà, Serie A e Bundesliga un terzo. Ufficialmente quella di oltremanica non è la tanto odiata (da Ceferin) SuperLega; di fatto però…
«L'equilibrio manca, è vero, e non penso che nel prossimo futuro qualcosa cambierà».
La UEFA non dovrebbe garantire lo spettacolo e quindi un calcio più equilibrato?
«Lo spettacolo sì. Per quanto riguarda l'equilibrio invece… da anni a Nyon si stanno preoccupando esclusivamente di vendere bene il loro prodotto e di non far troppo arrabbiare chi li sostiene».
Gli inglesi in questo caso. I club, che nuotano nell’oro e hanno presto rinnegato la SuperLega, e i tifosi che - a differenza di altri - contro il cambiamento hanno protestato violentemente.
«Rischiare e portare qualche innovazione? Alla UEFA non hanno alcun interesse. Sono impegnati a rimanere attaccati alla poltrona. Non hanno a cuore il bene del calcio, hanno a cuore solo i guadagni. Hanno probabilmente paura di perdere tutto. I dirigenti del pallone europeo non andranno mai contro i club britannici, contro il Paris Saint-Germain, il Bayern Monaco e, nonostante lo sgarro della SuperLega, le due grandi spagnole. Non si schiereranno mai dalla parte delle società più piccole. Certo, le ascolteranno e cercheranno di soddisfare i loro bisogni. Ma solo se questo non darà fastidio ai più ricchi. Per questo ho qualche dubbio sulla bellezza - intesa anche “apertura” a tutti - della Champions League».
Se a vincere sono sempre gli stessi, alla lunga l’interesse generato non cala?
«Difficile accada: i grandi di cui stiamo parlando sono anche quelli che hanno più tifosi. Per questo motivo, visto che quelli ricchi e influenti sono soddisfatti, il vento di novità non soffierà. Questo è un peccato perché, comunque, garantendo una divisione equilibrata degli introiti a livello continentale, molte società anche storiche potrebbero guadagnare competitività e quindi lasciare il segno e rompere la monotonia. Penso ovviamente alle italiane, ma anche alle portoghesi. Per queste invece ora è rimasto solo il ruolo di comprimarie. I panni da protagoniste li vestiranno invece quasi sempre le grandi già citate e magari qualche altra britannica resa ricca dalla TV. Sì, potremmo anche pensare di rinominare la Champions, di chiamarla “Premier League 2”».