Allenatori costantemente nell'occhio del ciclone, Livio Bordoli: «Non mi manca affatto allenare, oggi sto meglio».
«Recentemente ho incontrato Vlado Petkovic il quale mi ha detto la stessa cosa, ovvero che senza allenare si sente meglio e riesce a godersi di più la vita».
LOCARNO - Dalle stelle alle stalle e viceversa in un batter di ciglio. Non c'è come il mestiere dell'allenatore per far sì che questo vecchio adagio calzi alla perfezione. Prendendo spunto da quanto appena accaduto a Marco Schällibaum, esonerato dall'Yverdon malgrado un ottimo avvio di campionato, abbiamo interpellato l'ex tecnico del Lugano Livio Bordoli, uno che certi meccanismi li ha vissuti da vicino. Quanto è complicato oggi avere in mano le chiavi di uno spogliatoio? Tante sono le difficoltà e tanto è lo stress con cui bisogna fare i conti, soprattutto quando le cose non girano.
«Purtroppo per Schällibaum immaginavo che prima o poi l'avrebbero esonerato - le parole di Bordoli, colui che ha riportato il Lugano in Super League - Se si guarda l'organigramma, anche Marco Degennaro non è più presente ed è stato messo da parte. Ormai il calcio è diventato quasi ed esclusivamente un business e non ci si deve più stupire di nulla. A Yverdon volevano un profilo più giovane e perfettamente in linea con loro politica, che è quella di far lievitare il valore dei calciatori in rosa. Ripeto: era piuttosto chiaro che Marco non avrebbe terminato la stagione e attendevano soltanto il momento per mandarlo via. Oggigiorno un allenatore è solo un numero, oggi ci sei domani ti mandano via».
In un contesto completamente diverso, anche tu nel 2015 avevi lasciato Lugano quando le cose andavano molto bene, ovvero dopo una promozione...
«Proprio così. La mia situazione però era completamente diversa, non c'era stato un cambio di proprietà di mezzo. Avevo già un accordo di massima con l'Aarau, società che mi cercava da tempo. Dal canto suo Renzetti non aveva fatto mistero di volere a tutti i costi Zeman, era il suo sogno e alla fine è riuscito a coronarlo. Qualora fossi rimasto, nella mia testa immaginavo che dopo due/tre partite andate male mi avrebbe cacciato. È per questo che alla fine ho accettato di andare ad Aarau».
Quindi non ti manca fare questo mestiere?
«Non mi manca affatto. Zero! Oggi gli allenatori sono l'anello debole del calcio, tutte le critiche - perfino quelle più feroci - piovono addosso a loro. Mi diverto molto di più con le attività che svolgiamo in Federazione con i ragazzi».
Eppure tanti - una volta chiusa la carriera - puntano a diventare allenatori...
«Al giorno d'oggi ne vedo tanti che secondo me non stanno bene. C'è spesso l'adrenalina a tenerli in piedi, ma non puoi affermare che chi fa questo mestiere a certi livelli conduca una vita sana. Se perdi due partite non puoi nemmeno girare nel tuo paese perché molte volte vieni criticato. E poi ci sono i social, dove troppe persone sfogano le loro frustrazioni. Personalmente sono felicissimo di essere in Federazione, qui sto bene e ho una qualità di vita nettamente migliore rispetto a prima, dove a ogni sconfitta ne sentivo un po' di tutti i colori. Puoi anche non leggere i giornali o i social, ma il problema è che qualcuno ti riporta quello che si dice o si scrive sul tuo conto. Recentemente ho incontrato Vlado Petkovic il quale mi ha detto la stessa cosa, ovvero che senza allenare si sente meglio e riesce a godersi di più la vita».
Non succede solo nel calcio...
«Mi ha colpito molto ciò che è successo a Luca Cereda. Un coach ticinese, di Sementina, preso di mira e insultato da alcuni tifosi malgrado la grande serietà e dedizione messe sempre al servizio della sua squadra del cuore. Ho letto una sua recente intervista nella quale affermava di evitare i luoghi affollati dove incontra molta gente. Ma che mondo è? Ma dove viviamo? Questo la dice lunga su quanto oggi non sia sano fare l'allenatore. La gente spesso si limita a giudicare l'allenatore senza pensare all'uomo. Inoltre c'è un aspetto del quale molte volte ci si dimentica: puoi essere anche il miglior tecnico del mondo ma se hai una squadra sulla carta debole, o non forte come tante altre, le sconfitte sono quasi logiche».
...e il Crus?
«Anche lui viene spesso criticato ingiustamente, nonostante gli eccellenti risultati che ha ottenuto. Ho visto le reazioni di rabbia che ha avuto a Zurigo nella sfida contro il Grasshopper, quando ha scagliato un paio di pugni sulla panchina. Quelle sono le classiche azioni dovute al nervosismo e alla forte tensione emotiva che hai dentro».