Luca Dattrino, autore del libro che ripercorre la storia della pista leventinese: «Quanti ricordi...».
«L'ambiente nella nuova pista? Il tifoso dell'Ambrì è sempre lo stesso».
AMBRÌ - Contenuti assolutamente da non perdere, foto e racconti inediti. Tutto questo sarà racchiuso nel libro “La Mitica e il suo domani” scritto da Luca Dattrino. Circa 250 pagine ricche di aneddoti e ricordi perché la Valascia, nonostante il raggiungimento dell'età della pensione, continuerà a vivere nella mente di tutti coloro che l'hanno popolata. Un libro dunque imperdibile (edito da Fontana Edizioni di Lugano e che sarà presente in tutte le librerie a partire dai mesi di luglio/agosto) su una struttura che ha scritto la storia dello sport elvetico. E che nessuno scorderà.
La parola all'autore dell'opera... «Nel 2012 avevo scritto il libro sul 75esimo - ci dice proprio Luca Dattrino - Un paio di anni fa, parlando con il presidente, mi sono detto: “Perché non farne uno sulla Valascia?” È stato praticamente naturale. L’idea iniziale, prima della pandemia, era quella di realizzarne due. Il periodo particolare ha tuttavia scompaginato i piani, la ricerca di sponsor e finanziatori non è stata facile. Se però la prima edizione dovesse aver successo, potremmo pensare magari a qualche aggiunta per Natale...».
Quando ti nominano la Valascia quali ricordi si accendono dentro di te?
«Ne ho tantissimi. Credo di aver perso tre partite in 30 anni. Da bambino ricordo viaggi interminabili con mio papà. Avevo uno zio che era giornalista, ma che non aveva la patente. Essendo mio papà un grande appassionato si era preso l’impegno di accompagnarlo alle partite. Così andavo anch'io. Ho vissuto un sacco di serate indimenticabili alla Valascia. Mi ricordo i tempi in cui la curva nemmeno esisteva, c’erano giusto tre assi. E poi l’indimenticabile orologio di legno con i pini sopra. Tempi memorabili».
...e gli idoli?
«Citerei Panzera, Butti e Bathgate senza dimenticare i più recenti McCourt e Westrum. In particolare ai ticinesi ero molto legato, Zamberlani, Fransioli e Foschi, Nicola Celio, Paolo Duca erano tutti giocatori che davano l’anima e che scendevano sul ghiaccio per la maglia e per il paese. A livello di allenatori, colui che mi è piaciuto di più è stato Bryan Lefley. Ma non dimentico Larry Huras».
Una pista, ma anche una seconda casa per tanti tifosi. L'addio è però stato tristissimo...
«È stato un addio malinconico, meritava qualcosa di diverso. Personalmente proporrei di disputare la prima partita della prossima stagione metà nella Valascia e la restante metà in quella nuova. Con i giocatori e tifosi che si spostano. Lo proporrò, ma so già che mi prenderanno per matto. Se ciò non sarà possibile, spero che l’abituale presentazione della prima squadra si possa tenere all’interno della vecchia pista».
Nuova arena significa nuovo ambiente?
«È un'altra struttura, ma io spero tanto che l'ambiente a cui siamo abituati possa essere presente anche in futuro. La curva sarà un po' più piccola ma questo è relativo. Le arcate presenti in quella vecchia aiutavano i cori, creando un'eco straordinaria. L’abbiamo comunque visto alla Coppa Spengler, dove - senza nemmeno il tifo organizzato - i fans leventinesi sono riusciti a creare un'atmosfera magnifica. Il tifoso dell’Ambrì sarà sempre lo stesso, ed è questo quello che conta».
Il ricordo più buio è la sconfitta nella finale del '99?
«A me dava fastidio la finale con il Lugano, avrei preferito un altro avversario... Ma spesso dimentichiamo che comunque un club come il nostro ha vinto una Coppa Svizzera, due Continental Cup e una Supercoppa ed è in National League ininterrottamente dal 1985. Qualcosa d'incredibile per una realtà simile...».