L’“altro” calcio è in crescita, «E non è ancora finita»
Arno Rossini: «In 8-10 anni non sarà impossibile vedere un'africana, una nordamericana o un'asiatica competere ai massimi livelli».
DOHA - L'Argentina che perde contro l’Arabia Saudita, la Germania che si fa sorprendere dal Giappone, la Croazia che non batte il Marocco, il Belgio preso a pallonate dal Canada e poi umiliato ancora dal Marocco, l’Inghilterra stoppata gli Stati Uniti…
Se c'è qualcosa che si è chiaramente imparato da questi Mondiali è che la differenza, la distanza, tra il calcio europeo e sudamericano - quello d'élite insomma - e quello del resto del mondo si è notevolmente ridotta.
Tanti risultati inaspettati sono figli della strana collocazione temporale della manifestazione? È calata la qualità del calcio del Vecchio continente e di Argentina e Brasile? È cresciuto esponenzialmente il valore delle selezioni del resto del mondo? Dove sta la verità?
«Che si giochi in Qatar e che si giochi tra novembre e dicembre, secondo me, pesa poco su quello che sta accadendo - ci ha spiegato Arno Rossini - Semplicemente le big non sono più inattaccabili, inarrivabili, perché a livello globale il calcio è cresciuto tantissimo. L'Asia, l'Africa… negli ultimi 10-15 anni gli investimenti fatti dalle varie federazioni e dalla FIFA sono stati importanti. Sono state create tante accademie e in queste hanno cominciato a formare giocatori di buon livello, pronti a imporsi su palcoscenici internazionali. Fondamentale, in questo processo di crescita, è stato anche l'ingaggio di allenatori europei o sudamericani. Questi hanno portato nei paesi in via di sviluppo (calcistico) conoscenze e metodologie di lavoro grazie alle quali la progressione è stata rapida e netta».
Insomma, per farla breve, si gioca un po' meglio ovunque.
«Più che altro il calcio ha fatto presa in nazioni dove prima era semplicemente uno sport di nicchia. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. E non è ancora finita».
Nei numeri di questi Mondiali non c’è pure un po' di supponenza di chi pensava di essere portatore del verbo pallonaro?
«Io direi piuttosto presunzione. Quella di europei e sudamericani che raramente guardano fuori dal loro orticello. Ci crediamo i migliori e non ci siamo accorti di quanto siano migliorati gli altri. Penso che nel giro di 8-10 anni non sarà impossibile vedere un'africana, una nordamericana o un'asiatica competere ai massimi livelli. Magari non vincerà i Mondiali; non mi sorprenderei se, in ogni caso, una "sorpresa" arrivasse fino alle semifinali».