«Le gare mi piace ancora seguirle in pista, dal vivo vedi quell’ultimo pelo»
«Adesso faccio mezza gara a sportellate con uno e non so neanche chi sia».
TAVULLIA - Le moto ora sono “solo” un amore e un’impresa, con la sua palestra per giovani, il Ranch e la squadra; se si parla di due ruote, Valentino Rossi non riesce in ogni caso a non emozionarsi. Ovvio, per uno che è nato in sella e che fino a ieri l’altro battagliava con i migliori del mondo.
L’emozione di oggi è però diversa da quella adrenalinica del Mondiale, è più da appassionato. E questa traspare in un reportage fatto da Mow, nel quale il pesarese ha parlato di MotoGP ma anche del “suo” GTWC, di libri e famiglia. Da allargare: «Avere bimbi è una figata, mi piacerebbe avere un maschietto tra un po’, vediamo», ha scherzato Vale, che ha poi raccontato della sua passione per la lettura: «Mi piacciono molto i gialli. Ho letto quello di Salvatore Esposito di Gomorra e quello di Maggioni, "La calda estate", un giallo su Milano. E adesso uno bello di Nicola Lagioia, "La città dei vivi". Questo mi sta piacendo di brutto, va dritto al punto».
E i motori? Magari un clamoroso ritorno in MotoGP? «Impossibile. Al massimo posso tornare come commentatore. Mi piacerebbe farlo. Soprattutto la Sprint con Sanchio e Meda, sarebbe divertente. Però quando vado alle gare mi piace ancora seguirle in pista, dal vivo vedi quell’ultimo pelo».
Il Rossi odierno è però concentrato sulle quattro ruote e sul suo GTWC .«Studio i più forti. Qui è tutto più impersonale perché ci sono centocinquanta piloti, in MotoGP invece stai sempre con quei venti di cui sai tutto, vita, morte e miracoli e poi in pista li vedi praticamente negli occhi. Adesso faccio mezza gara a sportellate con uno e non so neanche chi sia. E poi, sai qual è il problema? Ora fare polemica con qualcuno è troppo impegnativo. Trenta siti che riprendono quello che hai detto, la notizia rimbalza da tutte le parti, è uno stress. Prima litigare aveva un suo senso. Ti offendevi, ma dopo due giorni era finita. Adesso è tutto amplificato. Perché secondo me il sentimento fra piloti è lo stesso di vent’anni fa, cioè si stanno sul c**zo tutti. Ognuno ha quei due, tre che proprio odia, però non lo dicono o non vivono più».
E a proposito di antipatie, insieme con l’assistente Max, Valentino ha trovato il tempo per raccontare una disavventura nata proprio da una… lite. «Nel pieno della rivalità con Lorenzo, dopo la gara a Tokyo eravamo così incazzati che rifiutammo di prendere il bus per l’aeroporto con tutto il team. Ci siamo andati in macchina da soli e ci dicevano: “Siete sicuri? Guardate che non capite le indicazioni”. Siamo partiti guardando gli aerei sopra le nostre teste e dicevamo: “Basta seguire la direzione”. Quando siamo arrivati all’aeroporto, abbiamo scoperto che non era quello giusto. Il nostro era a un’ora e mezza di distanza. E noi a fare i fenomeni…».