Attitudine e tanto lavoro sono le qualità principali di Pietro Juri: «Finché sarà un piacere e non sentirò dolori continuerò a giocare».
L'attaccante ticinese dei GDT milita in MyHockeyLeague: «Il giocatore più forte che ho visto dal vivo è Valeri Kamensky. Era davvero incredibile».
BELLINZONA - Non solo i Rockets in Swiss League: a Bellinzona esistono anche i GDT, che militano in MyHockeyLeague, il terzo campionato di hockey più importante in Svizzera.
Si tratta di una prima assoluta per i sopracenerini in questa categoria, visto che hanno ottenuto la promozione al termine della scorsa stagione. Dopo sette gare disputate la truppa di Nicola Celio occupa la decima piazza della classifica con 5 punti, 12 lunghezze di ritardo dalla capolista Coira (17). A questo proposito si è espresso il 42enne Pietro Juri, il quale sta disputando la sua 23esima stagione(!) con i GDT. «A Bellinzona si sta davvero bene e siamo un bel gruppo, coeso e affiatato», sono state le sue parole. «Salendo di categoria il livello si è alzato notevolmente e rispetto alla Prima Lega c'è maggiore competizione e le partite sono più intense. È stimolante giocare in un campionato del genere e ogni formazione punta alla promozione fra i cadetti, per cui se si vuole competere non si può abbassare la guardia».
In tutto questo tempo il ticinese ha messo a referto – fra Prima, Seconda Lega e MyHockeyLeague, calcolando anche le parentesi con Sion, Biasca, Valle Verzasca e Ceresio – 431 punti in 629 incontri disputati. «A Bellinzona mi diverto e per me la situazione è ideale dato che abito a Monte Carasso, a due passi dalla pista. Oltre a questo possiamo beneficiare di una palestra e di uno spogliatoio tutto nostro, con tanto di beamer e spina della birra. Il segreto della mia longevità? Ho sicuramente avuto fortuna perché non sono mai incappato in gravi infortuni e nemmeno in quei piccoli problemi che limitano solitamente i giocatori a livello fisico, soprattutto il giorno dopo le partite. Finché sarà un piacere e non sentirò dolori continuerò a scendere sul ghiaccio. Oltre a questo mi piace tenermi in forma fisicamente e adoro la palestra, così come correre o andare in bicicletta. Finché si è giovani è tutto più semplice, ma una volta superati i trent'anni bisogna allenarsi bene per restare al passo con gli altri».
Nella sua carriera sportiva Juri – che ha fatto tutta la trafila nel settore giovanile dell'Ambrì – ha anche avuto il merito di esordire nella massima serie con i biancoblù nella stagione 2000/2001 (3 match), dopodiché nel campionato successivo ha disputato sette incontri con il Sierre fra i cadetti. «Scendere in pista con la mia squadra del cuore e con la compagine del paese in cui sono nato è stato un sogno e anche se non sono durato molto la reputo una bella soddisfazione. C'erano giocatori del calibro di Stéphane Lebeau, Marois e Rohlin, così come i miei coetanei Duca, Cereda, Gobbi, Lakhmatov e Siritsa. Per quanto mi riguarda non ho nessun rimpianto, anzi sono felice di ciò che ho fatto, anche perché le emozioni che ti regalano gli sport di squadra sono uniche. Ho vinto tornei di tennis e preso parte a qualche maratona, ma sono dell'idea che superare un turno di playoff sia più gratificante di qualunque successo individuale, poiché permette di rinforzare i legami all'interno del gruppo. In più di vent'anni a Bellinzona ho instaurato degli ottimi rapporti e ho conosciuto i miei migliori amici, con cui ho condiviso gioie e sofferenze. Penso di essere ancora utile alla squadra e il fatto di non avere né figli né obblighi familiari mi permette di andare avanti».
L'unica squadra di MyHockeyLeague che può vantare quattro over 40 in squadra sono i GDT: oltre a Pietro Juri ci sono Vitali Lakhmatov, Alain Rosselli e suo cugino Mauro Juri. «Siamo gli unici in questa categoria a schierare dei giocatori con più di 35 anni, ma ce la caviamo. Gli altri miei compagni ne hanno invece meno di 30 e per loro è sicuramente positivo vedere dei giocatori così “anziani” andare sempre in palestra e impegnarsi costantemente. Da questo punto di vista possiamo sicuramente essere importanti per loro».
Qual è stata la vittoria che ricordi con maggiore soddisfazione? «Una decina di anni fa abbiamo eliminato nei quarti di finale dei playoff di Prima Lega il Biasca in un derby entusiasmante. Eravamo nettamente sfavoriti, anche perché i nostri avversari – che hanno poi ottenuto la promozione in SL la stagione successiva con Cereda in panchina – potevano vantare nella rosa giocatori del calibro di Trisconi, Balerna, Incir, Zanetti, Beltrametti e dei fratelli Dotti. Noi quell'anno avevamo disputato una stagione sopra le righe e in porta avevamo il compianto Ivan Mantegazzi che parava tutto. Ci siamo imposti in gara-5 all'overtime e quello è stato un momento unico, perché abbiamo vinto grazie alla forza del gruppo. Il giocatore più forte che ho visto dal vivo? Valeri Kamensky. Il russo era giunto in Leventina durante il lockout del 1994, deliziando il pubblico con le sue giocate sopraffine. Era davvero incredibile».
La particolarità di Juri? È una delle poche persone a non avere il telefonino... «Non ce l'ho mai avuto, ma in compenso ho il telefono fisso a casa altrimenti mia mamma diventa matta. Lavorando al 100% in qualità di programmatore informatico presso un'azienda privata di Lugano, sono raggiungibile per gran parte della giornata attraverso le mail o i social network. Riesco comunque a organizzarmi bene, esattamente come si faceva più di vent'anni fa. Sono una persona molto curiosa e sono sicuro che se ce l'avessi, sarei sempre attaccato al telefonino e perderei un sacco di tempo, accumulando nel contempo molto più stress. Si sta così bene senza...».