Andrebbero abolite, allo studio soluzioni alternative. Cresce la paura fra gli insegnanti, «un mestiere sempre più complicato»
BERNA - La soluzione più saggia, quella che potrebbe salvare la capra e pure i cavoli, viene da Peter Merz, professione preside: «Chiediamo ai genitori di autorizzare l'utilizzo dell'app». WhatsApp, per la precisione, fra le più penalizzate da regolamenti e divieti.
La decisione di alzare l'età minima di utilizzo da 13 a 16 anni, in risposta alle nuove direttive dell'Ue sulla protezione dei dati, rischia di stravolgere usi e costumi ormai consolidati, anche in Svizzera. Le chat di classe per esempio, sfruttate dagli insegnanti per raggiungere gli studenti più velocemente e anche fuori dall'orario scolastico rigido, teoricamente andrebbero abolite.
È dunque corsa a trovare in fretta un'alternativa. Secondo quanto scritto ieri dalla Sonntagszeitung, che ha intervistato docenti e responsabili, sono nati addirittura gruppi di studio, dove fare brain storming ed escogitare nuove maniere di comunicazione. Aggettivo improprio, per la verità: in realtà, quello che si ipotizza è un ritorno al passato, alle email o perfino agli sms che i ragazzi forse neanche più ricordano, superati da strumenti più efficienti.
«I tempi delle email non sono adeguati – riflette Merz – Gli studenti non controllano se è arrivato qualcosa di importante. E per quanto riguarda la messaggistica tradizionale i giovani non sanno nemmeno cosa siano gli sms». Indietro non si torna, insomma. Ma indietro, oggi, è anche WhatsApp alla maniera in cui si utilizzava fino all'altro mese.
«È un mestiere sempre più complicato, con tantissimi aspetti da controllare» dice Daniele Dell’Agnola, formatore di docenti alla Supsi di Locarno e lui stesso insegnante alle scuole medie, nonché esperto di italiano. Uno di questi aspetti riguarda, per una ristretta cerchia di insegnanti, anche l’uso di WhatsApp per comunicare con gli allievi.
«Oltre al controllo sulla propria materia, che resta il centro e il cuore pulsante della scuola, il docente deve avere un occhio sulle dinamiche relazionali in classe e, in più, su tutto quello che accade fuori. In questa complessità il pericolo di sbagliare e perdere il controllo c’è».
Nel mare delle tecnologie, continua Dell’Agnola, «ci sono docenti che lavorano con qualità. E nonostante ciò si avverte un sentimento di paura crescente dettato appunto dai limiti in evoluzione, ma che vanno rispettati». Come se ne esce è presto detto: «La soluzione sta innanzitutto nel dialogo con le famiglie, che è importantissimo. Dopodiché il docente dovrebbe essere un modello di comportamento anche con le tecnologie».
Moderazione è il consiglio e nel caso specifico, conclude, «l’utilizzo di WhatsApp, ad esempio, per assegnare i compiti, mi pare quantomeno bizzarro. Personalmente ritengo sia fondamentale la comunicazione in classe».