Israele riapre ristoranti e palestre a chi ora è immune al virus.
La questione divide in Svizzera, tra chi è d'accordo alle riaperture e chi vede il rischio di una discriminazione
ZURIGO - Israele offre un biglietto per la normalità chiamato "Green Pass". Da domenica, oltre 3,2 milioni di residenti su una popolazione di circa 9 milioni di persone hanno potuto fare ritorno in palestre, ristoranti, teatri o partecipare a eventi sportivi. Tutto ciò è di nuovo possibile in quanto sono stati vaccinati o hanno sviluppato gli anticorpi contro il coronavirus.
Con il vaccino il virus non si trasmette - Uno studio israeliano, d'altra parte, suggerisce per la prima volta che la vaccinazione è in grado d impedire anche la trasmissione del virus. L'89,4 per cento delle persone vaccinate con Biontech / Pfizer non era contagioso.
Pass in Svizzera - Entro giugno, il Governo federale intende aver raggiunto il traguardo del vaccino a tutti coloro che lo hanno richiesto. Da quel momento in poi, anche Ruth Humbel, presidente della Commissione sanitaria del Consiglio nazionale, sosterrà l'introduzione del Green Pass. Nel caso di una copertura vaccinale alta, spiega, verrebbe meno il senso delle restrizioni. «Invece di lasciare tutto chiuso fino all'estate, le persone con un Green Pass dovrebbero poter assistere nuovamente a partite di calcio, club, eventi all'aperto e festival», sottolinea.
Secondo Humbel, nell'app Covid può essere implementata una sezione relativa all'immunità. Dato che lo studio da Israele ora dimostra che le persone vaccinate non sono più contagiose, nulla ostacola questa possibilità. Inoltre, potrebbero essere ammesse persone con un test negativo valido.
«Non un privilegio, ma una liberazione» - Anche il vicepresidente del PLR Andrea Caroni chiede "sollievo" per coloro che sono stati vaccinati, non appena sarà chiaro che non sono contagiosi per gli altri. «Da quel momento in poi, sarebbe incostituzionale rinchiudere le persone vaccinate mediante isolamento o quarantena». Analogamente, ciò dovrebbe valere anche per ulteriori restrizioni realtive al mercato del lavoro, allo sport e alla cultura. Secondo Caroni, questo non è un "privilegio", ma un'esenzione necessaria.
Analogamente Hans-Ulrich Bigler, direttore dell'USAM, è sostenitore della libertà ritrovata per coloro che sono vaccinati e sviluppano anticorpi: «Le limitazioni, per loro, dovrebbero venir meno il prima possibile. Fanno attivamente qualcosa per la protezione della salute».
Gli scettici - La consigliera nazionale del PS, Yvonne Feri, è però scettica. «Rendere le cose più facili per le persone vaccinate equivale a rendere obbligatoria la vaccinazione» sostiene. «Ci sono persone che non vogliono essere vaccinate per motivi etici o per paura, il che non dovrebbe essere uno svantaggio nella vita di tutti i giorni». Feri trova quindi prematuro parlare di pass. «Non è stato ancora dimostrato che chi è vaccinato non sia più infettivo».
Anche l'epidemiologa Nicole Probst-Hensch è critica: «Le persone sotto i 75 anni senza malattie pregresse non hanno ancora potuto vaccinarsi. Fino a che tutti non avranno potuto accedere al vaccino, il discorso dei "pass" rischia di essere discriminatorio. Detto ciò - prosegue -, non è ancora chiaro se le persone vaccinate siano immuni alle mutazioni. C'è anche bisogno di maggiori prove per determinare se le persone che sono state vaccinate non siano più capaci di trasmettere il virus».
Per Andreas Faller, ex vicedirettore del UFSP, è chiaro: «Sulla via del ritorno alla normalità, il Governo federale non potrà evitare un documento elettronico che attesti la vaccinazione avvenuta e che non sia falsificabile». Vanno creati immediatamente i requisiti tecnici e legali per farlo. «Ci vuole molto di più che un semplice libretto delle vaccinazioni».