Christoph Berger traccia però un bilancio positivo della vaccinazione nel nostro Paese
BERNA - Il presidente della Commissione federale delle vaccinazioni (CFV) Christoph Berger traccia un bilancio positivo della strategia vaccinale anti-Covid-19 della Confederazione.
Eppure il Portogallo ha un tasso di vaccinazione del 95%, l'Italia dell'86%. In Svizzera è solo poco meno del 70%. «È una differenza che vediamo. Ma la cosa importante è che abbiamo avuto più successo di altri Paesi nel convincere i gruppi a rischio a vaccinarsi, ciò che ha dimostrato la sua validità» sottolinea lo specialista in un'intervista pubblicata oggi dalle testate in lingua tedesca del gruppo editoriale Tamedia.
Il medico non nasconde che in alcuni casi il siero provochi degli effetti indesiderati. «Dobbiamo prendere sul serio le persone toccate e le loro sofferenze e aiutarle», dice Berger. Ma, come nel caso del "long Covid", non esiste una diagnosi univoca. Sono quindi necessari trattamenti individuali. Si parla di sindrome "post Covid" o "long Covid" quando, in una persona con un'infezione confermata da SARS-CoV-2, i sintomi perdurano per almeno otto-dieci settimane o si manifestano nei tre mesi successivi alla malattia e non sono riconducibili ad altre cause.
In Svizzera sono state somministrate quasi 17 milioni di dosi di vaccino: come va valutato il rischio? «Dopo due anni, è ora ancor più chiaro che il beneficio della vaccinazione è di gran lunga superiore al rischio. Questo è vero per la popolazione nel suo complesso, ma ovviamente è diverso per i singoli casi».
Secondo Berger, il vaccino contro il Covid-19 ora, in un contesto in cui non vi è più minaccia pandemica, può essere considerato come quello per l'influenza o per la meningoencefalite da zecche. Le persone a rischio ne ricavano una buona protezione contro una malattia grave per settimane. «Ma per le persone più giovani e più sane, la vaccinazione fa poca differenza».