Cerca e trova immobili

VAUD«Dopo il Bataclan ho pensato che ce l'avrei fatta da sola, ma non è stato così»

24.04.23 - 13:01
Vittima dell'attentato del 13 novembre 2015, una donna vodese sta lentamente tentando di ricostruire la sua vita.
LMS/Maxime Schmid
Il giorno dopo l'attacco, sono state deposte corone e messaggi vicino al Bataclan.
Il giorno dopo l'attacco, sono state deposte corone e messaggi vicino al Bataclan.
«Dopo il Bataclan ho pensato che ce l'avrei fatta da sola, ma non è stato così»
Vittima dell'attentato del 13 novembre 2015, una donna vodese sta lentamente tentando di ricostruire la sua vita.

LOSANNA - Innamorata di Parigi, Ines* vi si è recata per l'ennesima volta a novembre del 2015, accompagnata dall'amica Cléa*. La sera del 13 le due cinquantenni erano al Bataclan per assistere al concerto degli Eagles of Death Metal quando i terroristi dell'ISIS hanno colpito. «Sono più una fan di Michel Sardou che del rock duro, ma Cléa era una gran appassionata della band e mi ha convinta ad andare con lei al Bataclan», ricorda la vodese. Attorno le 22.45 nel locale entrano diversi terroristi che iniziano a sparare sulla folla inerme. «Siamo finiti tutti a terra», ricorda Ines. «Il corpo insanguinato di Cléa è finito sopra di me e mi ha in parte coperta. Allora ho chiuso gli occhi e mi sono finta morta».

Trascorrono i minuti. Poi le ore. Nel locale intervengono i gruppi speciali francesi che abbattono i terroristi. Ines è salva. Ma sotto choc. Appena terminato l'intervento della polizia, la donna lascia la stanza e torna meccanicamente in albergo. Il giorno dopo prende il TGV per la Svizzera, come previsto, ma senza la sua amica morta durante l'attentato. Infermiera psichiatrica di professione, Ines continua la sua vita come se nulla fosse accaduto. Negazione. «Non sono andata al funerale della mia amica, sono rimasta a casa per mesi. Naturalmente, come infermiera psichiatrica, avrei consigliato a chiunque altro di farsi aiutare, ma io pensavo di potercela fare da sola».

Ma così non è stato. E Ines ha vissuto una serie di terribili tragedie (uno stupro e poi un incendio nel suo appartamento) che l'hanno portata in strada nel 2017. Soffrendo di shock post-traumatico, ha dormito nella sua auto, si è accampata a casa di amici o in rifugi. Ora si sta riprendendo in una casa di riposo a Yverdon, ma il suo status di vittima non è mai stato riconosciuto ufficialmente dalle autorità svizzere.

*Nomi di fantasia.

Seguendo l'esempio francese

Da diversi anni Jacqueline de Quattro si batte affinché le vittime di violenza all'estero possano essere risarcite, se necessario, anche dalla Svizzera. Un diritto, questo, che non è più garantito dal 2009 quando è entrata in vigore la revisione totale della Legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati (LAV). «Siamo tornati indietro con il pretesto che era troppo costoso per i Cantoni. Ma potremmo ispirarci al modello francese con il suo fondo di garanzia. Grazie a quest'ultimo, il 90% delle vittime degli attentati del 13 novembre del 2015 è stato risarcito un anno dopo», ricorda la deputata vodese. «Le vittime svizzere, invece, stanno ancora aspettando x. Il Consiglio nazionale si occuperà di una mozione sul tema presentata dalla stessa de Quattro il prossimo 4 maggio.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE