Lo studio: i lavoratori hanno bisogno di un secondo lavoro per pagare le bollette.
BERNA - In Svizzera un lavoratore su quattro è costretto ad avere un secondo lavoro per poter campare. È quanto emerge da un nuovo studio mondiale denominato "Hopes and Fears", i cui risultati sono stati resi noti oggi dalla NZZ. "Molte persone sono costrette ad accettare un secondo lavoro per poter far fronte ai propri obblighi finanziari", ha spiegato Tobias Sattler della società di revisione e consulenza PwC, che ha condotto l'indagine. Secondo lo studio il 23% dei lavoratori in Svizzera svolge più lavori retribuiti, una percentuale decisamente più alta rispetto al 21% a livello internazionale. Nel nostro Paese, più della metà di questi lavoratori svolge già il primo lavoro al 100%.
Si tratta di cifre che superano di gran lunga le statistiche della Confederazione, le quali indicano una quota di lavoratori con più attività di poco inferiore all'8% per il 2021 (10% tra le donne, 6% tra gli uomini). Una discrepanza di numeri probabilmente dovuta al tipo di sondaggio, alla tempistica e alle definizioni. Tuttavia, anche le cifre della Confederazione mostrano una tendenza all'aumento: dal 1996, la quota è quasi raddoppiata.
Che tipo di secondo lavoro viene fatto? Secondo PwC si tratta di un lavoro più o meno a livello informale, come ad esempio freelance, liberi professionisti o lavoratori temporanei, mentre meno della metà ha un lavoro regolare a tempo parziale. "La tendenza al secondo lavoro si è probabilmente intensificata con la fine della pandemia di covid", ha fatto notare Sattler. Se poi aggiungiamo il forte aumento del costo della vita, si spiega il motivo del perché il 57% ha dichiarato di dover fare un secondo lavoro per poter guadagnare di più. "L'insicurezza finanziaria è generalmente aumentata", ha spiegato Sattler. Lo studio ha messo in rilievo un fatto alquanto preoccupante: il 58% di tutti gli intervistati nel sondaggio - quindi quasi uno svizzero su due - ha dichiarato di avere difficoltà a pagare le bollette alla fine del mese.
I dati dello studio mettono infine l'accento su un aspetto da non sottovalutare e che i datori di lavoro dovrebbero prendere seriamente in considerazione: e cioè che la generazione Z ha determinate esigenze a livello professionale. Ad esempio il 28% vuole cambiare lavoro entro il prossimo anno, il 27% desidera una promozione e il 36% un aumento di stipendio. La generazione Z poi è ancora più esigente: il 42% intende cambiare lavoro, il 49% cerca una promozione e il 53% è intenzionato a chiedere un aumento di stipendio.
Un fenomeno che è stato spiegato da Sattler con queste parole: "È una chiara richiesta di cambiamento. I dirigenti devono essere molto più sensibili alle esigenze della forza lavoro e creare un ambiente di lavoro fiducioso per promuovere l'innovazione. I salari sono solo uno dei tanti fattori. Ciò che è importante è la partecipazione dei dipendenti, la loro formazione continua e la loro fiducia nell'azienda, che attualmente è a un punto basso: un terzo non crede che la propria azienda sopravviverà nei prossimi dieci anni se continua così, e tra la Generazione Z è addirittura la metà".