È lo slogan della campagna promossa dalla Polizia comunale di Lugano per prevenire questo crescente fenomeno
LUGANO - Il centro di Lugano è attualmente la zona più colpita dalle pratiche di accattonaggio. Un fenomeno crescente che non costituisce «un reato di grande pericolo, ma è fonte di grande disagio per i cittadini» ha sottolineato il capo dicastero Michele Bertini, un disagio che spesso si tramuta in vera e propria molestia, a causa dell'insistenza di queste persone. Un vero e proprio disagio nel cuore di Lugano che costituisce inoltre un "business" crescente e facilmente accessibile per la criminalità organizzata, a cui ogni questuante può arrivare a garantire un margine di profitto quotidiano di 200 franchi.
«Conoscere il problema per risolverlo» - «Si tratta di persone, spesso molto giovani provenienti da campi nomadi situati nella vicina Lombardia, costrette ad arrivare ogni giorno sulle nostre strade», ha sottolineato Bertini, persone intrappolate in una moderna forma di schiavitù. «È un tema molto delicato» ha ricordato il comandante Roberto Torrente, aggiungendo come la «conoscenza del problema» da parte della popolazione costituisca sempre il vettore primario nella cura del problema. Fondamentale è dunque l'aspetto prevenzione, mirato a sensibilizzare la popolazione nel conoscere e segnalare questo genere di eventi, in modo da prevenire e contrastare il fenomeno, aiutando chi ha realmente bisogno.
«Gente obbligata a venir qui» - Una campagna di prevenzione corredata da un'adeguata componente repressiva, in particolare con l'introduzione dal prossimo 1° luglio della nuova Legge sull'ordine pubblico, che permetterà all'Autorità comunale di multare chi pratica l'accattonaggio (con sanzione da 100 a 300 franchi), sequestrando inoltre loro la somma raccolta e privando quindi i loro aguzzini dei profitti. Come ben ricordato dal Comandante Torrente, «se non fosse forzata a venire qui, la maggior parte di queste persone non sarebbe sulle nostre strade». I casi di recidiva rimangono tuttavia competenza del Pubblico ministero. È inoltre in fase di sviluppo una piattaforma comune che permetta di registrare i casi a livello cantonale.
Un approccio mirato - Un tema «non semplice da comunicare» ha spiegato Roberto Mazzantini, la cui agenzia ha studiato e realizzato la campagna. «Se vi chiedono soldi, offrite loro del cibo». Con queste parole può essere riassunto il concetto chiave della campagna di prevenzione. Tutte le persone sottoposte a questo moderno regime di schiavitù infatti si ritrovano nella situazione di poter accettare esclusivamente denaro, un fattore che quindi permette di identificare i casi di sfruttamento.
Le cifre - Nel 2015 gli interventi sono stati 1004 gli interventi di polizia, per un totale di 1168 persone controllate. Numeri quasi raddoppiati rispetto all'anno precedente. In oltre il 90% dei casi (1047 casi nel 2015) si tratta di persone di origine rumena. Preoccupante è in particolare la crescente tendenza sempre maggiore a sfruttare i giovanissimi, da 0 a 10 anni.