Tutte le cifre e le paure del Cardiocentro che vive il trapianto nell’Ente ospedaliero con apprensione: «Ci hanno parlato anche della delocalizzazione di 70 persone».
LUGANO - «I numeri vanno interpretati». Con questa premessa il Cardiocentro ha messo sul tavolo il proprio bilancio. Per sottolineare che le finanze dell’ospedale del cuore «sono sane e la struttura non ha assolutamente debiti». È una reazione agli articoli del Caffè che si è focalizzato in verità sulle «perdite d'esercizio» dal 2012 al 2016 e soprattutto al portale Gas che, equivocando, ha parlato di «debiti». Una parola che ha fatto sobbalzare il presidente del consiglio di fondazione Giorgio Giudici: «Stiamo facendo delle operazioni di investimento e non a debito. La ricerca è diventata nel tempo una componente importantissima per noi».
Il peso della ricerca - L’operazione messa in atto durante la conferenza stampa è stata appunto quella di separare i risultati della gestione ospedaliera, che resta in attivo seppur per soli 44’298 franchi nell’anno 2017, da quello che è il finanziamento della ricerca (che lo scorso anno ha rappresentato il 7% del budget complessivo). Per la ricerca, ha ricordato il membro di fondazione Claudio Massa, sono stati investiti nel periodo 2012-15 oltre 18 milioni di franchi (senza chiedere un soldo al Cantone, ma sempre tramite l'autofinanziamento). Mentre sui risultati d’esercizio altalenanti, «che non si possono verificare di anno in anno» perché legati al valore del punto Drg. Un valore tecnico che sarebbe, è stato spiegato, all’origine della diminuzione del fatturato, più basso nel 2017 con 67,14 milioni di franchi per 2.905 pazienti rispetto al 2012 (67,5 milioni per 2.666 pazienti). Colpa della diminuzione delle tariffe. Su un altro punto oggetto di polemica, la rivalutazione dell’immobile, i 13 milioni di franchi contabilizzati sarebbero «ammortamenti in più fatti nel passato».
Il Cardiocentro «non si smonta» - Ma al di là delle cifre, che sono importanti per il matrimonio in vista con l’Ente ospedaliero e si sa meglio non far nozze coi fichi secchi, al di là di numeri di cui è stata contestata l’interpretazione, il punto dolente resta l’impressione di assedio vissuta dal vertice di una struttura che conta 350 dipendenti. «Non si è costruito qualcosa per smontarla, ma per incrementarla» ha detto Giudici. Aggiungendo a proposito delle cure ai pazienti: «Guai se qualcuno dall’esterno venisse a sentenziare che qualcosa non si può fare».
Le statistiche? «Nel cestino» - Un altro capitolo dolente è stato quello delle statistiche degli interventi che piazzano il Cardiocentro al di sopra della media svizzera: «Non posso dire che questo paziente non lo opero perché siamo fuori dai numeri. Ma scherziamo!» ha detto il fondatore del Cardiocentro, il professor Tiziano Moccetti. «Perché non si parla della mortalità da infarto che è la più bassa della Svizzera. Ho 80 anni e la mia memoria storica mi permette di ricordare che dal 30% degli anni 70 si è scesi grazie ai nostri protocolli al 6 e ora siamo al 3%. Invece veniamo criticati per il 2-3% di interventi sopra la media. Ma il Ticino non è Appenzello». E sempre sui numeri ha chiuso lapidario Giudici: «Non sono le statistiche che salvano la vita di una persona. Potete buttarle anche nel cestino».
La pressione di Moccetti - Ci sono solo cento passi e un corridoio che separano l’Ospedale civico dal Cardiocentro ma oggi sembrano un fossato. S'avvicina il 2020 con il ritorno della struttura nell’alveo pubblico e nell’ospedale del cuore salgono le palpitazioni: «Ci spaventa la delocalizzazione - ha detto il professor Tiziano Cassina - . Durante un incontro con i sindacati ci hanno parlato di 70 collaboratori da ricollocare. Tutto ciò non crea un buon ambiente». Da qui la richiesta di più tempo: «Chiediamo un periodo di transizione di 10-15 anni, un periodo necessario per costruire un Istituto Cuore-Vasi-Polmoni», ha aggiunto il medico che è incaricato delle trattative con l’Eoc. Qualcuno con queste voci, ha detto Giudici, «fa del del terrorismo e cerca di destabilizzare». E qualcuno ha avuto anche un sobbalzo: «Sono ipoteso, ma quando mi hanno detto che qui, dove siamo ora, potrebbe nascere l’ambulatorio del Civico mi è salita la pressione. È stato uno schiaffo».