Il Mulino apparteneva alla famiglia Fontana da 42 anni ed era stato tramandato di padre in figlio.
Luigi Fontana: «È una bella sberla. Produzione e magazzino sono andati distrutti. Vedremo se continuare». Più possibilista il figlio Alessandro: «La mia intenzione è quella di andare avanti. Anche se da ieri sera è come se fossi dentro un tunnel».
MAROGGIA - Ha la voce rotta dall’emozione Luigi Fontana. E non potrebbe essere altrimenti. Il Mulino di Maroggia, che lunedì è stato divorato e distrutto dalle fiamme, era parte integrante della sua vita e di quella della sua famiglia da ormai 42 anni. «È una bella sberla», ci rivela commosso. «In questi anni ho passato più tempo a Maroggia che a casa mia a Lugano».
«L'ultimo simbolo» - Una tragedia che non riguarda, però, solo la famiglia Fontana, ma tutta la comunità. «È un duro colpo per tutti. Anche per la gente del paese. Maroggia un tempo aveva il collegio e il Mulino. Rimaneva il Mulino. E ora ha perso anche questo suo ultimo simbolo».
Velocità disarmante - Centotrenta anni di storia andati in fumo in un istante. Senza nessuna possibilità di reagire. «L’incendio è scoppiato in un attimo e si è propagato talmente velocemente che i primi pompieri giunti da Melide si sono ritrovati con le fiamme che già uscivano dal tetto».
Enorme devastazione - I danni, seppur non ancora quantificabili, sono ingentissimi. «Tutti i macchinari per la produzione e il magazzino sono andati distrutti», precisa Luigi Fontana. «Siamo riusciti a salvare solamente il grande silos in cemento».
Futuro incerto - Un baluardo tra le rovine che potrebbe rappresentare una rinascita. Anche se attualmente sono la tristezza e lo sconforto per quello che non c’è più a prendere il sopravvento nelle parole del proprietario storico. «Metteremo le carte in tavola e faremo i nostri ragionamenti», ci confida laconico. «Vedremo cosa possiamo e vogliamo fare». Da parte sua, il figlio Alessandro, che da una decina di anni ha ereditato l’azienda - che dava lavoro a una quindicina di persone - è un po’ più possibilista. «La mia intenzione è quella di andare avanti. Anche se da lunedì sera è come se fossi dentro un tunnel».
La canna dell'acqua - Un piccolo conforto per la famiglia viene dal fatto che nessuno sia rimasto ferito, anche perché il rogo è divampato quando ormai il turno di produzione era già terminato: «Mio figlio ha tentato di spegnere il rogo sul nascere con una canna d’acqua», sottolinea Luigi Fontana. Un tentativo disperato, quanto vano come ci conferma lo stesso Alessandro: «La velocità di propagazione dell’incendio è stata la cosa più incredibile», sottolinea l’attuale titolare, precisando come le fiamme abbiano probabilmente trovato terreno fertile «nelle diverse parti di legno che componevano la struttura del vecchio mulino».
Vicinanza ticinese - Alessandro conclude ringraziando tutte le persone che in queste ore hanno espresso affetto a lui e alla sua famiglia. «Sono giunte da ogni angolo del cantone e ci hanno fatto un enorme piacere». Tra le manifestazioni di vicinanza anche quella del Presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi, che ha fatto visita alla struttura ieri mattina.