Dopo due anni di pandemia il modo con cui interagiscono le persone è cambiato. Un esempio? Il modo di salutare.
Da vigorose strette di mani, baci e abbracci si è passati a un più sobrio tocco con il pugno o con il gomito. Ora si può tornare alla normalità. «Ma ad alcune persone servirà un po’ di tempo», mette in guardia la specialista in psicoterapia Giovanna Mion.
LUGANO - Il coronavirus ha plasmato il nostro modo di comportarci. La gente ha imparato a mantenere le distanze, ma anche a guardare in cagnesco chi tossisce su un mezzo pubblico. Con la maggior parte delle restrizioni cadute la scorsa settimana, la società sta tornando alla normalità. Un ritorno tuttavia graduale, almeno per quanto riguarda il modo di interagire delle persone.
Dagli abbracci ai gomiti sfiorati - In particolare se si pensa a come ci si saluta. Si è passati da vigorose strette di mano, affettuosi abbracci e baci sulla guancia (uno, due o tre, dipende dalla cultura) a un più distaccato tocco con il pugno o addirittura con il gomito. E cambiare le proprie abitudini, si sa, non è sempre evidente. «Ognuno dovrebbe poter accedere nuovamente a una dimensione di normalità rispettando il proprio ritmo. E per alcune persone potrebbe volerci un po’ più di tempo», spiega la vicepresidente dell’Associazione ticinese degli psicologi (ATP) Giovanna Mion.
Rispettare i tempi di ognuno - Secondo l’esperta, in questa categoria potrebbero rientrare ad esempio coloro che sanno di avere una salute piuttosto fragile o che hanno visto con i loro occhi (su se stessi o su un famigliare) gli effetti devastanti del coronavirus. «Saranno più prudenti delle altre persone a riabbracciare con serenità una dimensione sociale. E mi auguro che sia così, è una scelta che va rispettata», auspica. Ci sono poi le persone già timide di loro e poco inclini a grandi manifestazioni di affetto: «Anche chi, in effetti, ha un carattere più introverso o una personalità più ansiosa potrebbe faticare maggiormente e rimanere un po’ più in disparte», conferma la psicologa.
Riabituarsi alla folla - Oltre al modo di salutarsi, anche stare a stretto contatto con le persone potrebbe essere fonte d'imbarazzo e di ansia, specialmente in chi già si trovava poco a suo agio in mezzo alla folla. «Queste persone, ora nuovamente confrontate a una maggiore vicinanza fisica, dovranno verosimilmente riabituarsi a intrattenere delle relazioni sociali più strette». In ogni caso, dovrebbe trattarsi di un disagio temporaneo. «Penso che la gioia e l'entusiasmo di ritrovare la “vecchia” vita con le abituali dinamiche sociali - argomenta la vicepresidente dell'ATP - prenderà il sopravvento sulle paure, sulle insicurezze e sulle ansie che questo periodo d'isolamento sociale ha portato con sé». «Mi auguro che ognuno possa affrontare questo ritorno alla normalità rispettando i propri bisogni, senza per questo essere discriminato», ribadisce.
Spaccature che si affievoliscono - La pandemia ha poi creato diverse spaccature all’interno della società. Pro-vax e no-vax, ma anche fra chi concordava con le misure restrittive in nome della salute e chi invece vedeva le stesse come “un attacco ingiustificato alla libertà”. Spaccature che secondo Giovanna Mion sono destinate ad affievolirsi: «Alla luce delle recenti disposizioni federali, andando a cadere il requisito del certificato covid, chi ha deciso di non vaccinarsi avrà gli stessi diritti e la stessa libertà di chi si è vaccinato. La quotidianità sarà verosimilmente la stessa per tutti, pertanto credo che queste spaccature siano destinate ad affievolirsi».
In altre parole, se l’argomento coronavirus perde d’importanza, anche i discorsi che ruotano attorno alla malattia si faranno meno incandescenti. Perlomeno fino al prossimo autunno, poi si vedrà.