Il caso del pestaggio di Locarno, dopo il processo di lunedì, ha riacceso il dibattito. La sentenza oggi pomeriggio.
«Cerchiamo di tenere la situazione sotto controllo, ma probabilmente questi episodi ci saranno sempre», così la municipale Nancy Lunghi. «Per questi ragazzi è motivo di orgoglio fare qualcosa di illegale», commenta la psicoterapeuta Annalisa Nespeca.
LOCARNO - Un 18enne pestato a sangue dal branco. E due ragazzi di 19 e 20 anni che rischiano oltre quattro anni e mezzo di carcere, più l’espulsione dalla Svizzera. È una storia tragica sotto più punti di vista, quella iniziata il 4 dicembre scorso con una rissa selvaggia alla rotonda di Locarno. E che dà uno scorcio su un fenomeno più ampio, diffuso anche in Ticino: quello del disagio giovanile, tra violenza, infanzie rubate e social network. Ma in quel di Locarno, a sette mesi dall’accaduto, che aria tira?
«Una Rotonda più tranquilla» - «Subito dopo i fatti, tra dicembre e gennaio, abbiamo messo in atto dei pattugliamenti d’urgenza nella zona», spiega Nancy Lunghi, municipale e capodicastero Socialità, giovani e cultura. «Ora non abbiamo più degli addetti alla sicurezza extra, ma la situazione, a livello di Rotonda, si è parecchio tranquillizzata». Da dicembre il Comune ha inoltre attivato un servizio di prossimità per i giovani, con due operatori sociali che cercano di essere presenti nei luoghi “caldi”, monitorando i ritrovi dei ragazzi e chiamando le forze dell’ordine in caso di bisogno.
«Episodi che ci saranno sempre» - A livello di numeri, tiene a sottolineare Lunghi, questi episodi rimangono comunque sporadici: «Non posso però dire che non esisteranno più, perché probabilmente ce ne saranno sempre». Certi avvenimenti, aggiunge ancora, «sono difficili da controllare, perché vanno oltre all’agire di un Comune. Per questo non saremo mai tranquilli al 100%».
Lasciare andare o recuperare - A prendere parte a questi atti violenti sono però spesso i giovanissimi. Nel caso di Locarno, oltre ai due fratelli già processati, appena maggiorenni, sono infatti coinvolti persino dei minorenni. E la speranza di riportarli sulla retta via resta. Il fattore chiave per capire se questo auspicio può però effettivamente diventare una realtà è il senso di colpa, spiega a Tio/20Minuti Annalisa Nespeca, psicoterapeuta e specialista in psicologia dello sviluppo e dell’educazione. «Se hanno senso di colpa sono recuperabili. Se non ce l’hanno non lo sono».
Violenza in vetrina - Il trend, nel frattempo, sembrerebbe diffondersi. «Non so se questi episodi siano davvero più frequenti. Ma sembra ci sia una maggiore legittimazione dell’aggressività». Tant’è che filmare le risse e pubblicare questo tipo di contenuti sui social sta diventando il nuovo divertimento. Il tutto, unito a «superalcolici, che fanno emergere sentimenti già latenti come la rabbia», crea un mix esplosivo.
«Orgoglio nell’illegalità» - L’intervento delle autorità, aggiunge Nespeca, in molti di questi casi non è un deterrente efficace. «Per alcuni ragazzi è motivo di orgoglio fare qualcosa di proibito e illegale. Va considerato il fattore trasgressione, che in adolescenza, entro certi parametri, è normale. Il livello di trasgressione dipende però da quanto è sano il giovane, dal suo vissuto». E crescere in una famiglia violenta, come quella dei due fratelli imputati nel caso di Locarno, di certo non aiuta. «La trasgressione, nel concreto, deve essere “mi fumo la sigaretta e torno a casa un’ora più tardi”, non “mi faccio di eroina al Ciani e ammazzo di botte qualcuno”».