L'UE punta a un'economia circolare in cui la fibra tessile sarà destinata a scomparire. Quali sono le conseguenze per l'economia svizzera?
BERNA / BRUXELLES - L’obiettivo è ambizioso: raggiungere la neutralità climatica nel 2050. Per questo, l’Unione europea sta modificando la propria legislazione. E, a questo proposito, lo scopo della strategia dell’UE, come sottolineato dalla commissione, è che «entro il 2030 tutti i prodotti tessili immessi sul mercato» siano «durevoli e riciclabili, in larga misura costituiti da fibre riciclate, privi di sostanze pericolose e prodotti nel rispetto dei diritti sociali e dell'ambiente».
La questione del cotone - Il problema si pone col cotone, tessuto più diffuso e che non soddisfa i nuovi requisiti fissati dall’UE. E, di solito, le regole europee vengono adottate anche in Svizzera. Secondo Tobias Herzog, amministratore delegato di Tailorlux, solo il 20% degli indumenti di cotone potrà essere riciclato senza compromettere «il comfort dei nuovi prodotti». Questo, con buone probabilità, porterà alla sua scomparsa su larga scala addirittura «entro il 2030».
La sostituzione - Il problema, come fa notare il WWF, è che il 43% dei prodotti tessili europei è di cotone. E la percentuale, in Svizzera, è simile. «Bisogna trovare un materiale che, a parità di proprietà d’uso, provochi un minore impatto ambientale e sia in grado di soddisfare la domanda», commenta l'esperto Harald Junker dell'Agenzia federale tedesca per l'ambiente.
L'impatto in Svizzera - L’impatto sarebbe importante per la confederazione, specie per le aziende che lavorano con la fibra tessile. Niki, impresa argoviese con standard molto elevati per la produzione di abiti sostenibili, sottolinea come, dal 2025, integrerà la collezione con «il cotone riciclato».
L'opinione del Ceo di Calida - Felix Sulzeberger, Ceo di Calida, precisa come la «legislazione europea» riguardi principalmente «la riutilizzabilità o la circolarità dei tessili, un obiettivo che ha sempre corrisposto alla filosofia del nostro marchio attraverso la qualità e la longevità dei nostri prodotti». La quota di cotone del Gruppo Calida è ben al di sotto del 50%. «Abbandonare il cotone entro il 2030 sarebbe quindi tecnicamente possibile, ma ciò andrebbe contro le idee e i desideri dei consumatori».