Nonostante l'esplosione dei prezzi delle materie prime d'alta gamma, il settore tiene
Il caso del "Noma" di Copenaghen: il ristorante stellato più importante del mondo costretto alla chiusura per l'incremento dei costi di gestione
LUGANO - Acque agitate nel mondo dell'alta ristorazione dopo la notizia della chiusura del "Noma" di Copenaghen, eletto miglior ristorante del mondo cinque volte negli ultimi cinque anni, che dal 2024 chiuderà i battenti per diventare un laboratorio alimentare che andrà a rifornire una piattaforma e-commerce.
I prezzi delle materie prime d'alta gamma saliti alle stelle: il racconto del titolare della Locanda Orico - A mettere in ginocchio il "colosso" nordico dal menù e prezzi exclusive (800 dollari il menù degustazione di 20 portate), sono stati i prezzi delle materie prime saliti alle stelle e i costi del personale. Le stesse voci di bilancio che impensieriscono anche le griffes più rinomate della ristorazione ticinese, che però tengono botta. Come la Locanda Orico, storico ristorante di Bellinzona.
«I costi delle materie prime di alta gamma sono esplosi - dice senza troppi giri di parole lo chef stellato Lorenzo Albrici, titolare dell'Orico - e a questo si aggiunge l'inasprimento dei costi delle forniture come ad esempio il tovagliato o i servizi di lavanderia. Ogni volta che apro la bucalettere e leggo l'intestazione di un fornitore sulla busta, so che dentro ci troverò un aumento».
Ritoccato il listino dei vini - Come quello, appena arrivato, che riguarda il listino dei vini: «È l'unica voce che siamo stati costretti a ritoccare. Per il resto, nonostante il balzo in avanti a catena dei prezzi di tutta la filiera, le portate da noi costano come lo scorso anno».
Non si trova personale disposto a fare il doppio turno - Arginare la frenata dei margini di guadagno non è l'unico dei pensieri dei ristoratori stellati ticinesi, confrontati anche con le difficoltà nel reperire personale altamente qualificato e disposto a lavorare su doppio turno: «Questa è una problematica che chi opera nel nostro settore conosce molto bene - spiega Albrici - e il Covid ha giocato un ruolo in tutto questo».
Il Covid? «Eh sì, perché camerieri e inservienti di sala abituati a certe turnazioni e a un modello di giornata lavorativa, con le chiusure del periodo pandemico hanno riscoperto il tempo in famiglia e si sono disabituati ai ritmi di lavoro di un ristorante e ai suoi orari».
Albrici aggiunge un esempio a sostegno della sua riflessione: «Perché è così difficile da digerire il doppio turno? Può capitare che i clienti spesso si fermino all'interno del ristorante fino alle 15/15.30. Non li puoi mica mandare via. Così la permanenza lavorativa si protrae, facendo diminuire il tempo che li separa dall'avvio del turno serale». I suoi dipendenti sono tutti fissi e «ben pagati» dice.
Le difficoltà nella reperibilità di certi prodotti - Altro ostacolo: la reperibilità di certi prodotti che «si è fatta difficoltosa» rivela lo chef. «Prendiamo il pesce ad esempio: le barche dei pescatori oggi escono meno di prima e certi articoli fai più fatica a reperirli. Oltre a prodotti di pesce selvatico e locale, un certo tipo di pescato di alta gamma fai più fatica di prima a trovarlo e quando lo trovi lo paghi il doppio o il triplo di prima».
E per chi fa alta ristorazione pagare il cibo di qualità il triplo di prima «incide in maniera considerevole in cassa, per di più con l'aggravante di non avere messo mano ai prezzi. Rende meno gravoso il tutto comunque l'avere una clientela affezionata che ci segue da 26 anni» dice.
I ristoranti stellati all'interno degli Hotel: "I due sud" dello Splendide Royal - Altro discorso per la ristorazione stellata all'interno degli hotel: abbiamo interpellato Giuseppe Rossi, che è il general manager dello Splendide Royal di Lugano, che conferma la naturale controtendenza, riguardo a uno scenario di sofferenza economica, dei ristoranti che si trovano all'interno degli hotel di lusso, come il suo "I due sud".
«L'alta redditività è conditio sine qua non per un ristorante stellato che non si trovi all'interno di un hotel - spiega - ben diversa è la questione di chi, come nel nostro caso, l'offerta ristorativa di alta gamma la propone in un contesto di hotelerie. I venti di crisi qui non li abbiamo sentiti soffiare perché in ogni caso i nostri profitti dipendono da più fattori: ristorazione stellata sì, ma anche banchettistica, colazioni, snack-bar, oltre ovviamente all'offerta dell'ospitalità alberghiera».
E così è quasi del tutto scontato qui attendersi dei rialzi calmierati aprendo le carte dei listini, «solo il 5%» ricorda Rossi. L'incremento del prezzo delle materie prime non incide significativamente in strutture hoteliere come questa, anche perché «la nostra caratteristica è quella di proporre piatti classici rinnovati negli ingredienti affidandoci a piccoli fornitori con i quali interloquiamo commercialmente da anni - racconta il direttore Rossi - e questo ci permette di non subire forti oscillazioni di prezzo».
A questi piatti d'alta scuola appartenenti ai "grandi classici" e rimodellati gastronomicamente, non rinuncia ovviamente la clientela nordamericana dello Splendide Royal, che si è rivelata la tipologia di mercato più redditizia anche per il 2022, «un anno straordinario per il settore della ristorazione e alberghiera e sfido chiunque a dimostrare il contrario» afferma Rossi.
Anche la problematica della difficoltà di reperimento del personale altamente qualificato non è un fatto che risiede da queste parti. «Abbiamo la fortuna di avere uno staff consolidato, cui a volte si affiancano degli stagisti - racconta - ma quello che ripeto da sempre è che la cosa più importante è la formazione: formare all'atteggiamento, far capire ai giovani che intraprendono questo mestiere che non sono lì a portare i piatti ma a far fare un'esperienza all'ospite e a farlo stare bene».
The View, il ristorante scelto dalla facoltosa clientela araba - Fresco di stella (4 mesi) il ristorante The View a Paradiso: qui il direttore commerciale, Chadi Harkous, conferma l'incremento dei prezzi delle materie prime «che sono aumentati del 30%». Ma tale innalzamento, spiega Harkous, «non ha comportato per la nostra struttura, che è frequentata principalmente da clientela araba, svizzera e americana, il ricorso ad alcun aumento dei prezzi». I venti di crisi dunque soffiano lontano dalle frontiere elvetiche e il Ticino non è Copenaghen. Di stellato, oltre al cibo, da queste parti continua a esserlo anche il menù dei profitti.