La scelta di Luc Codina: «2'000 metri quadrati convertiti per gli agrumi. Io stufo dei fitosanitari». Federviti: «Non bisognerebbe mollare».
MONTE CARASSO (BELLINZONA) - È sempre più complicata l'esistenza per i viticoltori di collina ticinesi. In diversi nell'ultimo decennio hanno gettato semplicemente la spugna. Ma c'è anche chi ha cercato di reinventarsi. È il caso di Luc Codina, 61enne di Monte Carasso (Bellinzona). Ora nei suoi 2'000 metri quadrati di terreno collinare non ci sono più grappoli. Ma agrumi. «Io sono un tipo che vuole rispettare l'ambiente – sostiene –. Ero stufo di usare prodotti fitosanitari. Con la vigna era impossibile farne a meno».
«Resistenti al freddo» – Ma come mai la scelta alternativa è caduta proprio sui mandarini? Si tratta di una decisione insolita per la Svizzera italiana. «Credo che il terreno sia abbastanza adatto. È ricco. C'è il sole. La posizione è ottimale. Non parliamo poi di mandarini classici come quelli che crescono in Sicilia o in Spagna. Queste varietà sono particolarmente resistenti al freddo. Hanno origini giapponesi e arrivano dal sud della Francia dove c'è anche il gelo».
«Buon equilibrio tra acido e dolce» – I mandarini di Codina si raccolgono tra fine autunno e inizio inverno. «Questo è il mio primo anno – ammette –. È chiaro che i mandarini non hanno ancora il gusto che avranno tra un paio di anni. Diciamo che questa è più che altro una stagione di osservazione. Nessun albero sta ancora dando il massimo di sé. Io i frutti però li raccolgo lo stesso, non li voglio sprecare. Coltivo soprattutto satsuma, mandarini con un buon equilibrio tra acido e dolce».
La decisione – Codina ripensa alla sua decisione. «L'ho maturata anni fa. All'inizio io e mia moglie abbiamo eliminato gli erbicidi. Ma ci siamo accorti che col Merlot non si poteva rinunciare ai fungicidi. Adesso la nostra produzione è basata sui rimedi naturali».
Il problema dei vigneti di collina – Nella Svizzera italiana sono tantissimi i vigneti collinari. Rappresentano circa il 60% della superficie viticola. E non è un mistero che sul futuro di questo patrimoni aleggi una certa preoccupazione. «Per occuparsene – sostiene Davide Cadenazzi, presidente di Federviti – servono impegno, tante ore di lavoro e fatica. Il problema dei vigneti di collina non è di certo qualitativo. Anzi, l'uva è ottima. L'aspetto più complicato è la gestione».
Serve tanto tempo – La voce che mette in crisi il vigneto collinare è la questione delle ore di lavoro. «Ci vuole davvero tanto tempo. Perché i lavori vanno fatti manualmente. È davvero difficile portare la meccanica su un vigneto di collina. Spesso l'uva viene venduta, anziché essere vinificata in azienda. E così anche i ricavi sono bassi. Difficile avere un buon ricambio generazionale con queste premesse».
«Non molliamo» – Sulla questione dei fitosanitari, Cadenazzi è chiaro. «Se si vuole il Merlot, non possiamo farne a meno. Sono migliorate le tecniche, certo. Non penso però che la soluzione per tutti sia quella di convertire i vigneti in agrumi. Anzi, questo è il momento di non mollare e di restare ottimisti. La politica si sta muovendo. I vigneti collinari fanno parte del nostro patrimonio e all'interno di Federviti si discute parecchio su come fare proseguire questa tradizione».