A Cerentino, Bosco Gurin e Nante dei cartelli stradali sono stati messi sottosopra. Una promessa: «La nostra fine sarà la vostra fame»
BOSCO GURIN - Cartelli stradali a testa in giù e un cartellone che riprende lo slogan (tradotto letteralmente) che per giorni ha alimentato le proteste degli agricoltori francesi: «La nostra fine, sarà la vostra fame». Sembrerebbe che in Ticino, come in diverse regioni d'Europa - a Bruxelles le manifestazioni sono sfociate in vera e propria guerriglia urbana - sarebbe infine giunto il moto di protesta che chiede, in sostanza, più garanzie e rispetto per l'agricoltura locale.
Le prime avvisaglie sono state notate da una nostra lettrice a Bosco Gurin e Cerentino e - tramite una ricerca web poi confermata da un post su X del consigliere di Stato Norman Gobbi - è risultato che anche a Nante il cartello di entrata in Paese sia stato messo a testa in giù. Per ora però nessun gruppo, né associazione hanno in nessun modo rivendicato quanto accaduto e chi - si presuppone più di un individuo - abbia acceso una miccia, seppur ancora piccola, della protesta non è dato saperlo.
— Norman Gobbi (@normangobbi) February 3, 2024
Già il primo febbraio alcune avvisaglie di malcontento tra la popolazione contadina svizzera erano state osservate, sempre secondo la modalità dei cartelli dei comuni messi sottosopra, fra Giura e Giura Bernese. Il motivo per cui si passa all'azione proprio in questo modo lo aveva spiegato qualche tempo fa Benjamin Pointereau, agricoltore e presidente della sezione dello Cher del sindacato francese Jeunes Agriculteurs, a BfmTv: «È una dimostrazione pacifica per illustrare come le direttive governative vadano un po' in tutti i sensi». Allo stesso tempo, invertire i cartelli stradali richiama l'attenzione sullo slogan "On marche sur la tête", rilanciato anche nel cartellone ticinese.
Poi, stamane, una quarantina di mezzi agricoli ha sfilato nel cantone di Basilea Campagna e un'altra trentina è confluita a Ginevra al fine di rivendicare una giusta retribuzione.
In Francia, vero cuore pulsante del movimento, erano presenti ancora stamattina alcuni blocchi su diverse autostrade, ma la maggior parte degli agricoltori che stavano occupando i tratti stradali stanno facendo ritorno a casa. Da giovedì infatti la Fédération nationale des syndicats d'exploitants agricoles - il sindacato più importante a livello francese per quanto riguarda il settore agricolo - e i Jeunes Agriculteurs hanno chiamato i simpatizzanti delle proteste a ritirarsi e a «continuare la lotta in altre modalità».
Perché? Proprio il primo febbraio il neo primo ministro francese Gabriel Attal ha annunciato tutta una serie di misure che riempiono quasi integralmente le richieste che i coltivatori della terra hanno portato in tutto l'Esagono - bloccando strade e riversando chili e chili di terra davanti agli edifici delle autorità - in una protesta che è durata una decina di giorni.
Risultato: sabato mattina, stando a FranceBleu, solo il sindacato della Confédération paysanne ha annunciato nuove mobilitazioni, in particolare nelle regioni di Isère, Loira Atlantica, Gers, Alpi Marittime, Pirenei Atlantici, Creuse e Calvados. Questo sindacato giustifica sul proprio portale la continuazione delle azioni di protesta in quanto il governo non si è ancora posizionato rispetto alle loro rivendicazioni riguardanti il ritorno economico di contadine e contadini.