La vita di chi deve convivere con l'epilessia non è sempre evidente. «Spesso si tiene nascosto il proprio disturbo», spiegano due "esperte".
BELLINZONA - Ne soffre circa l’1% della popolazione. Ma in tanti, troppi la tengono nascosta. L’epilessia equivale a un corto circuito del cervello e si declina in 200 forme diverse. «È un tema ancora tabù – evidenzia Elena Valchera, consulente della Società epilettici della Svizzera italiana (SeSi) –. Ci si vergogna, si teme il giudizio altrui. Il nostro scopo è quello di abbattere queste barriere».
La priorità – Anche in quest’ottica per il weekend del 7 e dell’8 settembre la SeSi organizza un evento a Olivone dal titolo “Vivere con l’epilessia, cani e natura vengono in aiuto”. Claudia Genetelli Erba, segretaria dell’associazione ammette: «Sensibilizzare l’opinione pubblica su cosa è l’epilessia è una nostra priorità. E anche fare capire che in molti casi ci si può convivere senza problemi. A volte anche solo con l’aiuto di farmaci adatti alla persona».
L'immagine "comune" – Nell’immaginario collettivo l’epilessia rimanda a crisi repentine in cui la persona cade a terra, ha spasmi e ha bava alla bocca. Genetelli Erba spiega: «Ci sono sfumature dell’epilessia che effettivamente possono causare questa reazione. È anche importante per i famigliari e per gli amici della persona epilettica sapere come comportarsi. Alcuni pensano ancora che bisogna mettere qualcosa nella bocca della persona affinché non si morda la lingua o non soffochi. In realtà occorre solo attendere che la crisi si calmi».
Via la corrente – In altre circostanze l’epilessia si manifesta sotto forma di mancamenti, di assenze, di sguardi che si perdono nel vuoto. Proprio come se il cervello si spegnesse. Come se improvvisamente si interrompesse la corrente.
«Ci si chiede come il contesto attorno reagirà» – Valchera ha a che fare quotidianamente con persone confrontate con queste condizioni. «Cercano soprattutto rassicurazione. Una volta che si ha una diagnosi subentra una certa incertezza. Ci si chiede come il contesto attorno reagirà. Capita che non si riesca a individuare la reale origine dell’epilessia. Può esserci dalla nascita, può derivare da un trauma, da un intervento cerebrale. In alcuni casi però non ci sono spiegazioni. Gli stimoli? Le crisi possono arrivare per mancanza di sonno, dopo momenti stressanti, stimolazione visiva o quando si provano emozioni forti. Ma ci sono casi che si presentano ciclicamente, senza spiegazioni».
Incertezza – E allora ecco che ci si trova a convivere con l’ignoto. Con un’incertezza mai provata prima. «Basti pensare che per trovare il medicinale giusto per la specifica persona possono passare anni – puntualizza Genetelli Erba –. Nel frattempo il timore di essere etichettati è grande. Si teme di essere visti come inefficienti ad esempio sul posto di lavoro. Noi cerchiamo di fare in modo che la persona con epilessia non si senta esclusa dalla società. Parlarne è importantissimo. Non bisogna avere paura di dire che si ha l’epilessia».
Prendere consapevolezza – «Anche perché – aggiunge Valchera – se poi subentra una crisi è fondamentale che le persone attorno sappiano cosa sta accadendo. Aprirsi raccontandosi è un modo per proteggersi e prendere consapevolezza dei propri valori. La nostra associazione organizza puntualmente uscite inclusive. In modo che chi ha l’epilessia possa vivere serenamente».
La favola – Claudia chiude con una storia commovente: «Di recente abbiamo ottenuto una grande soddisfazione. Una nostra associata, di 18 anni, è riuscita finalmente a ottenere la licenza di scuola media grazie ai corsi di recupero di Pro Juventute. Nel suo caso l’epilessia le impediva di seguire le lezioni puntualmente. Adesso ha grandi sogni. E noi la invitiamo a coronarli».