La storia di Claudio, 55enne che convive con problemi di salute mentale. L’esperto: «Parlarne apertamente aiuta a sentirsi meno soli».
LOCARNO - Un’infanzia irrequieta. Un’adolescenza ancora più tormentata. Durante il servizio militare, un crollo nervoso. Storia di Claudio (vero nome noto alla redazione), 55enne locarnese che da una vita convive con stati di depressione. «Da qualche tempo però sto meglio – spiega –. E ho deciso di raccontarmi per provare a essere utile anche a qualcun altro nella stessa situazione».
Un problema diffuso – In Svizzera, secondo la statistica tascabile dei problemi legati alla salute, la depressione colpisce circa l’8% degli uomini e il 10% delle donne. Stando all'Ufficio federale della sanità pubblica nel 2022 il 18% della popolazione soffriva di problemi di salute psichica. Nel 2017 il dato si assestava attorno al 15%.
«Senza stimoli» – Oggi Claudio riesce a tenere a bada il suo malessere grazie ad alcuni medicamenti e soprattutto alla consapevolezza acquisita in decenni di sofferenza e di psicoterapia. «Ci sono stati periodi della mia esistenza in cui ero praticamente un vegetale. Svuotato. Privo di interessi. Senza alcuno stimolo. Mi ha salvato il lavoro, quello sì. Sono sempre riuscito a essere attivo come ingegnere civile. Chiaro che ho avuto anche momenti di grande buio, in cui non ho potuto lavorare».
Relazioni e amicizie – Non solo. Il problema di Claudio è stato limitante anche su altri fronti. Ed è lui stesso ad ammetterlo. «Ho avuto difficoltà a livello di relazioni e di amicizie. Quando sei confrontato con un problema come il mio, spendi così tante energie da non avere più forze nemmeno per uscire di casa. La mia fragilità e la mia sensibilità mi hanno spesso frenato».
«Tutto mi pesava» – È una persona molto emotiva, Claudio. A volte interrompe il suo racconto e scoppia in lacrime. «Ho iniziato a fare psicoterapia nel 1990. I primi anni sono stati durissimi. Mi sembrava di marciare sul posto. È come se non avessi vissuto. Quando stai così male non vuoi avere contatti sociali. Ti pesa tutto. La solitudine è rimasta una mia compagna di vita. Ancora oggi spesso sono solo. Vado anche in vacanza da solo».
Pensieri intrusivi – Poca memoria, problemi di concentrazione, pensieri intrusivi e sfiancanti. E poi ancora apatia, sbalzi di umore. Un calvario lungo oltre mezzo secolo che Claudio ripercorre con un’onestà disarmante. «Non bisogna avere vergogna del giudizio altrui. Io mi sento una persona normale che ha avuto una vita difficile. Ma a un certo punto c’è stato anche un istinto di sopravvivenza che mi ha tenuto a galla. Pratico bicicletta e corsa. L’attività fisica aiuta a ricentrarsi. Così come l'ascolto della musica».
Il futuro – Claudio pensa al futuro. Se lo immagina sereno. «Da qualche tempo mi sento più stabile a livello emotivo. Non cado più come prima. Mi analizzo molto. Cerco di capirmi. Noto che a volte ho sprazzi di euforia. Mi piace vedere gente, uscire. Altre sono decisamente più selvatico, simile a un lupo. Quello che verrà non mi spaventa. Ho sofferto così tanto che adesso ho le spalle larghe. Forse l’unica cosa che mi fa ancora paura è la malattia. Ecco, non vorrei prendere un cancro e morire di stenti lentamente. Almeno quello no».
Lo psichiatra: «Ci si sente meno soli» – «Parlare pubblicamente delle proprie fragilità è una cosa meravigliosa – sostiene Tazio Carlevaro, noto psichiatra –. Quando ho iniziato la carriera io, non sarebbe stato possibile. Troppa la paura del giudizio altrui. Raccontarsi aiuta anche a sentirsi meno soli. Spesso chi vive una situazione di disturbo mentale pensa di essere l'unico al mondo a soffrirne. Aprirsi crea comunità, unione. Ci si rende conto che, con diverse sfumature, in tanti sono confrontati con disagi analoghi. Anche per questo esistono gruppi utilissimi in cui le persone possono condividere le proprie ansie con altra gente che vive una situazione di affanno interiore».
Pregiudizi ancora presenti, ma… – Carlevaro mette l'accento sul tema delle aspettative. «È una società esigente. Lo è sempre stata. E quindi a volte se uno non è "conforme", magari viene etichettato. Ecco perché ci si vergogna a dire quello che si ha. Altre volte ci si sente dire "ma di cosa ti lamenti tu che hai tutto". Non è una questione di avere o non avere. È una questione di come ci si sente con sé stessi. Chiaramente le resistenze ci sono ancora oggi. Così come i pregiudizi. Però trovo che piano piano si stia "sdoganando" il disagio psichico, lo si stia normalizzando. Ed è importantissimo».