Matteo Pronzini interpella il Consiglio di Stato alla luce dell'inchiesta sul gruppo Kering
BELLINZONA - Non si placa la bufera attorno al colosso del lusso Kering. Come emerso negli scorsi giorni, il gruppo è finito al centro di un’inchiesta per aver evaso 1,4 miliardi di euro di imposte attraverso la Luxury Goods, non dichiarando ricavi per 14,5 miliardi.
Al centro della vicenda spicca la figura di Patrizio di Marco, ex amministratore delegato di Gucci - una delle controllate del gruppo - che in Ticino godeva di un forfait fiscale, avendo disposto di una residenza fittizia a Paradiso dal 2010 al 2014, quando in realtà risiedeva a Milano. Una situazione che non corrisponde alla definizione di residenza e domicilio fiscale, a cui si aggiunge inoltre il fatto che l’interessato svolgeva un’attività professionale sul suolo elvetico in qualità di membro e presidente del cda di Luxury Timepieces International SA Gucci orologi, con sede nel canton Neuchâtel.
Quello dell’ex patron di Gucci non era però un caso unico, come sottolinea oggi Matteo Pronzini interpellando il Consiglio di Stato per chiedere chiarezza sulle verifiche effettuate. «Come è potuto sfuggire il fatto che una ventina di manager della Kering avessero false residenze?», chiede il deputato MPS che pone poi la sua lente sulla figura di Patrizio di Marco.
In particolare «come è potuto sfuggire il fatto che l’ex CEO di Gucci esercitava un’attività lucrativa in Svizzera?», prosegue Pronzini, che chiedendo lumi sui criteri presi in considerazione nell’accordare la residenza ai cosiddetti globalisti riserva infine una stoccata al direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi: «Da questa vicenda emerge chiaramente che “ogni volta che l'Ufficio della migrazione viene a conoscenza di un sospetto caso di abuso procede con gli accertamenti necessari” si applica solo alle “persone comuni”, non a chi ha contatti altolocati e dispone di copiose risorse finanziarie».
Le domande dell'interpellanza