Questa sera Petrina è a Lugano per presentare il suo ultimo album, "L'età del disordine"
LUGANO - Debora Petrina, in arte Petrina, è una cantante, compositrice e pianista che spazia dalla musica d'avanguardia al jazz, al pop e al rock. Petrina ha all’attivo sei album di canzoni e composizioni con ospiti illustri come Ala Bianca e Tuk Voice, David Byrne, John Parish, Elliott Sharp e Jherek Bischoff, quattro album come interprete di musica contemporanea con prime assolute di Morton Feldman e Sylvano Bussotti, oltre a collaborazioni con Paolo Fresu, Tiziano Scarpa e Giovanni Mancuso, con cui nel 2022 ha pubblicato il disco "NuovoMondo Symphonies”, un viaggio etnomusicale di voce e pianoforte alla scoperta di paesaggi, città e personaggi bizzarri.
Il 14 ottobre 2022 è uscito “L’età del disordine”, primo album di Petrina interamente in italiano e arrangiato da Marco Fasolo, e che il 16 ottobre presenterà a Lugano insieme a Marco Valerio, al basso e ai cori, e Andrea Davì, alla batteria. La incontriamo.
A un anno dall’uscita e dopo un anno di concerti, come è diventato “L’età del disordine”?
«Come spesso succede, il live è un momento molto fertile rispetto all’album: l’album è infatti un punto fermo nella storia di un artista, ma i live permettono la colatura dell’essenza dell’album. Nel corso di questo anno di concerti le canzoni di “L’età del disordine” sono maturate ulteriormente, esprimendo delle forze che tenevano nascoste attraverso arrangiamenti e nuove idee. Come le “Begonie” anche l’album è fiorito, in quest’anno».
L’album è nato nello spazio di un mese e di venti metri quadri arredati con strumenti.
«L’album è nato in un periodo di confinamento a causa della pandemia, quando si doveva lavorare in casa. Insieme a Marco Fasolo, che ha curato gli arrangiamenti dell’album, ci siamo quindi trovati nel mio salotto di casa, che è il mio spazio creativo, dove ci sono i miei strumenti musicali – pianoforte, tastiere, chitarre, piani giocattolo e altri strumenti. Il mio salotto di casa è una fucina: uno spazio dell’anima trasportabile in qualsiasi città del mondo, dove nascono le idee, musicali e non solo – in questo periodo ho scritto molto; uno spazio che insieme a un’altra persona si riempie di visioni, immagini, materiale sonora, qualcosa di molto intimo per me e che allo stesso tempo si apre verso l’esterno».
Disordine e disciplina sono due poli principali dell’album. È il disordine che richiama la disciplina o la disciplina induce alla ribellione del disordine?
«L’inizio di tutto è sempre il disordine: siamo nati dal chaos, un momento di creazione assoluta e caotica - come buttare tutte le carte sul tavolo. Poi ci vuole la disciplina, che ordina la materia magmatica inizialmente informe e trova un canale espressivo per rendere l’emozione riconoscibile e fruibile fuori da sé. È un processo di trasformazione essenziale e che richiede molta disciplina».
A Lugano “L’età del disordine” verrà suonato in versione acustica. Cosa emerge dell’album nella resa acustica?
«I musicisti con cui collaboro sono molto versatili e creativi, e lavorare insieme ad altre persone fa scoprire nuove possibilità, varianti, forme. Con il trio acustico abbiamo deciso di non utilizzare la chitarra elettrica, i sintetizzatori e le tastiere, e di rendere l’album più intimo, stimolandoci a trovare nuovi arrangiamenti per le canzoni. Una su tutte, “Cocktailchemico”, che nell’album è molto rock, nella versione acustica vede protagonista il pianoforte, che uso in modo percussivo coprendo le corde in alcuni punti e battendo sulla cassa del piano. Trovo molto stimolante lavorare a diverse versioni di una stessa canzone, di cui restituisco sempre la matrice energica da un altro punto di vista».
Dopo la data di Lugano partirai per l’Australia, dove porterai il progetto “NuovoMondo Symphonies” con Giovanni Mancuso. Di cosa si tratta?
«Anche le “NuovoMondo Symphonies” sono nate durante il periodo di confinamento, periodo che per me come per altre persone ha paradossalmente determinato una grande apertura: non potendo muovermi, ho viaggiato con la testa insieme a Giovanni Mancuso in posti che non esistono ma che ci siamo inventati. Si tratta di luoghi che abbiamo descritto attraverso mappe e reperti sonori, che abbiamo decifrato come gli esploratori fanno con i reperti archeologici: frammenti musicali che si riferiscono a celebrazioni, feste, inni, momenti della vita sociale, totalmente ironici, sotto il segno della visionarietà e della surrealtà. Le NuovoMondo Symphonies sono un viaggio immaginifico, a volte molto buffo (direi “bizzarro”), espresso attraverso due pianoforti, la mia voce che canta in lingue inventate, strumenti giocattolo – ma anche in un film originale di totale esplorazione immaginifica. È infine un buon augurio per un mondo nuovo, colorato, in cui non ci siano guerre e odi; un mondo di gioia, curiosità, mistero, un mondo popolato di bambini, che generi stupore e voglia di vivere».
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