Sabato si sono tenute manifestazioni in tutti gli Stati Uniti per chiedere maggiori controlli dopo la strage di Parkland
WASHINGTON - Le mani in alto "Never Again!" (Mai piu!) scritto sui palmi che puntano dritti al Campidoglio, sede del Congresso. È il grido di aiuto di un fiume di giovani disceso su Washington sabato per dire basta alla scia di sangue lasciata dalle armi in tutta l'America. E per mettere bene in chiaro che il futuro sono loro. Sono loro i prossimi elettori.
Il giorno di San Valentino a Parkland, in Florida, un 19enne apriva il fuoco in un liceo: 17 le vittime. I sopravvissuti di quella strage sono gli artefici della "Marcia per le nostre vite" e si sono riversati a Washington per guardare dritto in faccia la politica: "Politici rappresentateci o andate via!", ha scandito dal palco l'attivista Cameron Kasky.
Molti di loro voteranno nel 2018 e nel 2020. Ed è al futuro che punta questo movimento, nato dalle lacrime e diventato speranza: «Questo è il giorno in cui comincia un nuovo luminoso futuro per gli americani. E se credete che questo sia un buon giorno, aspettate di vedere cosa sarà domani!», ha detto ancora Kasky.
Il silenzio di Emma - Sul palco anche Emma Gonzalez, un'allieva di Parkland divenuta celebre per aver affrontato, fra le alte cose, la portavoce dell'associazione pro-armi NRA in un dibattitto TV. La giovane ha tenuto con il fiato sospeso la vasta folla rimanendo sul palco 6 minuti e 20 secondi, il tempo che è stato necessario all'assalitore della sua scuola per uccidere 17 suoi compagni e compagne.
Emma li ha dapprima ricordati per nome parlando per poco meno di 2 minuti e citando le cose che quegli amici perduti non avrebbero mai più potuto fare. Poi, è stata in silenzio per i restanti 4'20", con le lacrime che le rigavano il viso. Il pubblico, fatto salvo qualche incitamento, ha accompagnato sospeso il suo silenzio. Il silenzio di coloro che non ci sono più.
Piene le piazze - Piene le piazze in tutto il Paese: New York City, Boston, Chicago, Houston, Minneapolis, Atlanta, Denver, Seattle, Los Angeles. Centinaia di migliaia. Oltre 20'000 anche a Parkland.
Ma anche a livello internazionale ci sono state manifestazioni anaolghe, come a Ginevra, Roma, Milano e Firenze, oltre che a Londra, Parigi, Madrid, Tokyo, Sydney.
Tra i ragazzi ci sono anche i vip: George Clooney con la moglie Amal a Washington: «Mi avete reso nuovamente orgoglioso del mio Paese», ha scritto l'attore in una lettera agli studenti del liceo di Parkland. Paul McCartney a New York ricorda John Lennon: «Uno dei miei migliori amici è stato ucciso da un'arma proprio qui vicino».
Il presidente Donald Trump passa il weekend nella sua residenza di Mar-a-Lago, in Florida, ma la Casa Bianca ha elogiato «i numerosi giovani americani coraggiosi che stanno esercitando oggi (ieri, ndr) i diritti garantiti loro dal primo emendamento. Tenere al sicuro i nostri bambini è la massima priorità del presidente», ha riferito la portavoce Lindsay Walters.
Venerdì il dipartimento di Giustizia ha annunciato la normativa che vieta i dispositivi per trasformare pistole e fucili in armi automatiche. Troppo poco secondo alcuni: il dibattito sulle armi infuocatosi all'indomani della sparatoria a Parkland, si è di fatto arenato sull'uscio del Congresso, tranne poche eccezioni come la Florida che ha portato da 18 a 21 anni l'età minima per l'acquisto di armi, sfidando così la posizione della potente lobby americana National Rifle Association (NRA).
«Noi siamo la generazione del cambiamento», dice Ann, 18 anni, arrivata a Washington dalla Pennsylvania: «Sono già registrata per votare», dice orgogliosa. «Quello che vedo? È la volta buona, le cose possono cambiare. Questi sono i ragazzi che voteranno presto», osserva Martha Saccocio, mamma di studenti. Jaen Faggetti-Phaen insegna da decenni, arriva dal Missouri, ma lei di proteste così ne ha viste tante: «Dovevo esserci», dice. Ma sul cambiamento, immediato non è così convinta. Rylynn, neanche 14 anni, viene dalla Virginia e insiste: «Cambierà. Questa volta siamo noi ragazzi a chiederlo. E cambierà».