Il virologo belga Peter Piot ha contratto il coronavirus in marzo. E mette in guardia chi prende il virus «alla leggera»
«Alcuni credono che per il 99% dei contagiati si tratti di “un’influenza più forte”. Ma tanti stanno davvero male e hanno conseguenze a lungo termine».
BRUXELLES - «Ho sottovalutato il coronavirus». È con queste parole che il famoso virologo belga Peter Piot descrive a Der Spiegel la sua esperienza con la malattia, contratta nel mese di marzo. Era stato proprio lui, in febbraio, ad avvertire sul pericolo che il Sars-CoV-2 potesse sfuggire al controllo. «Non sono stato abbastanza attento», ha aggiunto, non essendo in grado di identificare il luogo e l’occasione in cui l’ha contratto.
Peter Piot è direttore della London School of Hygiene & Tropical Medicine e Handa Professor of Global Health. Ha scoperto il virus Ebola nello Zaire nel 1976 e ha anche condotto ricerche pionieristiche sull’HIV-AIDS, la salute delle donne e le malattie infettive, principalmente in Africa. Il 7 maggio La Commissione europea lo ha nominato alla carica di consigliere speciale della presidente Ursula von der Leyen, per la risposta all’emergenza da Covid-19.
Il virologo è stato contagiato dal Covid-19 e nei primi giorni ha sviluppato febbre alta, mal di testa, brividi e forte stanchezza. Ma l’11esimo giorno si è reso necessario il ricovero in ospedale. I medici hanno riscontrato una saturazione di ossigeno all’84% (il valore normale oscilla tra il 97 e il 99%). «Per fortuna non si è resa necessaria l’intubazione», ha aggiunto Piot. Ma ci sono stati momenti difficili: «Per una settimana mi sono trovato in bilico tra Cielo e Terra. Ho pensato che stava arrivando la mia fine».
Dopo sette giorni in ospedale, il virologo ha potuto fare ritorno a casa, ma il coronavirus era tutto meno che passato. Ha infatti continuato a soffrire di respiro corto. «Molte persone muoiono a causa della reazione eccessiva del sistema immunitario, che non sa come comportarsi contro il virus». Con la sua esperienza, Piot intende sensibilizzare la popolazione, soprattutto gli scettici. «Alcuni credono che per il 99% dei contagiati si tratti di “un’influenza più forte” e che solo l’1% muoia. In realtà c’è un mondo in mezzo, fatto di persone che stanno male a lungo e hanno delle conseguenze a lungo termine». Dopo due mesi, il virologo belga soffre di fibrillazione atriale (aritmia cardiaca) e non riesce a fare le scale senza una pausa. Fare jogging è fuori discussione.
L’invito a tutti è di prendere consapevolezza con il fatto che «bisogna imparare a convivere con il coronavirus». Nella strategia di uscita dalla crisi è compresa anche la ricerca del vaccino. Ma «nonostante il mio ottimismo - conclude Piot -, non credo che un vaccino possa essere efficace al 100%. Anche con le vaccinazioni antinfluenzali l’effetto protettivo è generalmente compreso tra il 60 e il 70%. Forse bisognerebbe anche pensare a come controllare la risposta immunitaria» e capire se «i farmaci antivirali possano essere efficaci preventivamente» nelle persone che sono state a contatto con qualcuno che ha sviluppato la malattia. Una prassi «paragonabile alla vaccinazione, ma con un effetto più mirato».