Verranno vaccinati per primi i residenti delle case di riposo, per poi proseguire con ultraottantenni e medici
«Sarà una maratona, non uno sprint», ha ribadito il professor Stephen Powis, direttore medico dell'Nhs
LONDRA - Per Matt Hancock, ministro della Sanità del governo britannico di Boris Johnson, è il giorno che segna un presagio di vittoria sulla pandemia, una sorta di nuovo "V-Day".
Si tratta di domani: il giorno in cui partirà la somministrazione pubblica d'un vaccino anti Covid, quello elaborato dai laboratori tedeschi BioNTech in partnership con il colosso farmaceutico americano Pfizer.
Lo start è in agenda di buon mattino, come si sa da diversi giorni. La prima vaccinazione, stando a quanto trapelato, dovrebbe toccare a un assistente sanitario in Irlanda del Nord. Ma in contemporanea le somministrazioni scattano in decine di ospedali del servizio sanitario nazionale (Nhs) in Inghilterra, in Scozia e in Galles.
«Sarà una maratona, non uno sprint», ha ribadito il professor Stephen Powis, direttore medico dell'Nhs, ricordando che s'inizierà dalle case di riposo (degenti e personale) e subito dopo da tutti gli ultraottantenni del Paese e - con loro - da medici e infermieri in prima linea sul fronte dell'emergenza coronavirus. Al momento il Regno ha ricevuto circa 800'000 vaccini, ma ne ha preordinati solo dalla Pfizer 40 milioni, destinati nei prossimi mesi a garantire la prima dose e il richiamo a 20 milioni di persone. Un quantitativo che dovrebbe permettere di coprire in larga parte le 9 categorie prioritarie (per età e vulnerabilità, fino agli over 50) inserite nella fase 1 di quella che Johnson ha definito «la più grande campagna di vaccinazioni della storia».
«La stragrande maggioranza» dei gruppi più a rischio (fra cui rientrano la regina e il principe Filippo, 94 e 99 anni, che hanno già fatto sapere di voler essere testimonial nella battaglia contro i no vax) sarà vaccinata «fra gennaio, febbraio e marzo» secondo i calcoli della Nhs.
Per questo Powis ha invitato la gente a non attendersi convocazioni di massa in pochi giorni, confermando che gli aventi diritto saranno contattati di persona, e gradualmente, da un network creato ad hoc all'interno del sistema sanitario, con il sostegno della task force nazionale vaccini.
L'accelerazione dell'isola - attribuita da qualcuno all'estero a propaganda politica, in tempi di Brexit - continua a essere viceversa oggetto d'orgoglio a Londra e nel resto del Regno: rincuorato e incoraggiato, in vista d'un Natale di restrizioni destinate a durare diversi mesi in attesa che le vaccinazioni facciano effetto, dal tour natalizio affidato quest'anno al giovane principe William e alla sua consorte Kate, mentre Elisabetta II resta isolata per ora precauzionalmente nel castello di Windsor.
Un Regno in cui gli specialisti dell'authority indipendente di controllo sui farmaci (Mhra) insistono di non aver preso «alcuna scorciatoia» sul rigore scientifico delle verifiche. E il governo Tory assicura che se la Brexit ha contribuito in qualcosa è solo per il fatto d'aver consentito «alla migliore autorità regolatoria al mondo» di adottare procedure altrettanto serie rispetto chiunque altro, ma più snelle - dopo la sganciamento dall'Ema europea - grazie all'autorizzazione a condurre i controlli a mano a mano che i dati arrivavano da parte di Pfizer, non alla fine dell'intera sperimentazione come impongono invece i protocolli dell'agenzia dell'Ue o della Fda negli Usa.
Come che sia, la vera battaglia diventa ora quella per le forniture e la distribuzione dei vaccini: in particolare - e in attesa dell'ok anche ad altri prototipi, in primis quello di Oxford/AstraZeneca/Irbm - per quello di Pfizer, che richiede una super refrigerazione a 70-80 gradi sottozero. Una battaglia nella quale il richiamo alle forze armate non è solo metaforico, come ha confermato in Parlamento il viceministro degli Esteri britannico, James Cleverly. Evocando il ricorso a «voli non commerciali» per il trasporto, aerei militari inclusi «se necessario».