Sempre più gente sul lastrico per il lockdown. Non lontano dal confine, ecco cosa abbiamo trovato
A Milano le immagini delle file alla mensa dei poveri hanno fatto scalpore nei giorni scorsi. E i volontari temono «un aumento ulteriore quando le aziende inizieranno a licenziare davvero»
MILANO - Giuseppe, 57 anni, imbianchino, è arrivato alle 9.30. Bus, treno, metropolitana: un'ora di viaggio dalla periferia nord e poi la coda, un'altra oretta, per il sacchetto quotidiano. Dentro ci sono tre banane, tre brioche, pane, una confezione di pasta sfoglia di cui non sa bene cosa farà. «Porto tutto a mia moglie, mi aspetta per pranzo». Se riesce a prendere il treno delle 11 sarà a casa in tempo.
C'è chi la "spesa" la fa così nella Milano della pandemia: mettendosi in fila lungo viale Toscana e aspettando il proprio turno per il Pane quotidiano, che poi non è pane soltanto ma formaggini, insalata, pasta, il menù (rigorosamente d'asporto) cambia ogni giorno. La coda dei bisognosi c'è sempre stata: prima della lussuosa Torre di Prada, poco lontano, o dell'esclusivo campus dell'università Bocconi inaugurato un anno fa, che si estende intorno con le sue forme tondeggianti e bianchissime. La mensa dei poveri è lì dal 1898: gli studenti di economia, dalle aule di vetro, l'hanno osservata probabilmente come un ricordo del passato, una stranezza. Finché è arrivato il virus.
A marzo scorso il campus ha chiuso i battenti per il lockdown, gli studenti - in gran parte internazionali - sono scappati, e in strada la coda per il pane ha iniziato ad allungarsi. Attualmente arriva fino all'incrocio, svolta in via Castelbarco, nei giorni di punta arriva a 250 metri. «A seguito delle restrizioni molta gente si è trovata in difficoltà e l'affluenza è aumentata» racconta Luigi Rossi, vice-presidente della Fondazione Pane Quotidiano che gestisce - oltre a quello di viale Toscana - anche un altro centro di distribuzione alimentare in viale Monza, a nord-est del capoluogo lombardo. Prima della pandemia gli utenti erano 3mila al giorno, adesso arrivano a 4mila il sabato, spiega Rossi. «Siamo molto preoccupati per il futuro».
In Italia il tasso di disoccupazione è cresciuto del 5 per cento a luglio scorso, per attestarsi all'8,9 per cento a gennaio. I giovani senza lavoro sono il 29 per cento, e si teme un'ondata di licenziamenti quando il "blocco" deciso da Roma - pochi giorni fa il governo Draghi lo ha esteso fino a fine giugno - verrà rimosso. «Abbiamo visto arrivare persone diverse dal solito, liberi professionisti o persone con lavori precari, magari non regolari, che non hanno potuto accedere agli aiuti statali» prosegue Rossi. Il 65 per cento degli utenti "tradizionali" sono stranieri, ma tra i nuovi arrivati gli italiani sono prevalenti.
Giuseppe ha perso il lavoro nell'ottobre 2019, prima del Covid, e da allora non riesce a reinserirsi. «Ho tirato avanti un po' con lavoretti saltuari, senza ricevere sussidi, ma adesso sono qui quasi tutti i giorni» racconta. Antonia invece, 45 anni, vive con un figlio disoccupato nelle case popolari del quartiere Barona, periferia sud ovest del capoluogo lombardo. «Sono in difficoltà da sempre, ma con l'aiuto dei figli me la sono sempre cavata» racconta. «Ora però anche loro fanno fatica, e mi tocca venire qui».
In fila c'è anche chi accarezza l'idea di emigrare: «In Ticino avete mense per i poveri? Le code sono così lunghe?» chiede tra ironica e seria Irina, che dalla Bulgaria è arrivata in Italia vent'anni fa, e fino al mese scorso ha lavorato come badante. «Negli anni qui le cose sono molto peggiorate - dice - gli aiuti statali sono scarsi e in ritardo, e chi non ha un lavoro dichiarato è abbandonato a sé stesso».
Intanto la coda procede svelta mentre i volontari - 140 in tutto, distribuiti su turni di mezza giornata - consegnano sotto un baldacchino i sacchetti pre-confezionati. Velocissimi. Anche i giornalisti devono fare in fretta, perché non sono molto graditi - settimana scorsa, raccontano, c'è stato un alterco con un fotografo - e nessuno vuole essere ripreso in volto. «Oggi sono qui io, domani potrebbe toccare a lei» ammonisce una donna di mezza età. Arriva una Bmw nuova fiammante, un padre di famiglia scarica dei giocattoli e una bicicletta sul marciapiede. «Sono cose che mio figlio non usa più» spiega il benefattore. Il bambino seduto in auto osserva dal finestrino la fila scompigliarsi e avventarsi in ressa sui suoi ex-giocattoli. «Voglio - dice il padre - che impari una lezione da tutto questo». Spariti i giocattoli, la Bmw riparte verso il centro, lasciandosi dietro una coda ormai agli sgoccioli.