L'associazione luganese "Forza Rescue Dog" racconta il proprio impegno a favore dei Galgos.
Questi levrieri spagnoli sono costretti a sfrecciare nelle corse clandestine per poi venir brutalmente uccisi o scaricati nelle "perreras", i canili municipali
SIVIGLIA - Questo trattamento spietato è riservato al Galgo, il levriero nativo della Spagna. Soprattutto nelle regioni più a sud, viene addestrato per le corse clandestine o per la caccia alla lepre. Fortunatamente esistono associazioni a tutela di questa razza, come “Forza Rescue Dog”, nata a Lugano dalla volontà di Stéphanie Castiglioni, che da più di dieci anni si batte per salvare questi cani, così come qualsiasi trovatello in difficoltà.
Quali sono le caratteristiche che rendono i Galgos così appetibili per gli sfruttatori?
«Si tratta di cani velocissimi, non a caso chiamati “figli del vento”, esili ma con una muscolatura potente, per questi motivi sono impiegati in attività di velocità. In realtà, il levriero nasce come cane da caccia e, anche nei cinodromi (ormai chiusi in Spagna), corre solo perché stimolato da una falsa preda. In realtà, sono cani tranquilli e pigri, di indole dolce, per questo i loro aguzzini riescono a infierire facilmente su di loro».
Come avviene l’allevamento dei Galgos?
«Gli allevamenti sono prevalentemente nelle mani dei galgueros e dei gitani che operano una selezione rigorosissima: già alla nascita i cuccioli considerati morfologicamente non idonei vengono uccisi. Chi sopravvive dovrà poi dimostrare di possedere una conformazione fisica tale da far monetizzare i loro padroni. La maggior parte di questi “allevatori” tiene i cani a pane e acqua e legati a terra. Trascorrono le loro giornate in stanzini bui e sporchi e vengono liberati solo per le battute di caccia o le corse clandestine, attorno a cui c’è sempre un importante giro di scommesse».
Cosa accade a chi non è ritenuto più utile?
«Per tradizione deve essere ucciso nel modo più crudele possibile. Una delle pratiche più atroci è quella dell’impiccagione. Fortunatamente le cose stanno lentamente cambiando: sempre più galgueros si “limitano” ad abbandonare i cani o li portano nelle perreras (i canili municipali). Quelli più civili contattano associazioni come la nostra o singoli volontari».
Qual è la situazione legislativa in Spagna?
«Le leggi a tutela degli animali ci sono, il problema è la mancanza di controlli regolari affinché vengano rispettate. Tuttavia, negli ultimi anni ho notato un aumento di cani sequestrati. Ciò è positivo perché significa che la popolazione si sta sensibilizzando e finalmente denuncia, anche le autorità intervengono e sanzionano di più. Ciò che continua a non funzionare sono le perreras, in cui i Galgos recuperati vengono trasferiti e soppressi dopo soli 21 giorni, o anche prima per fare spazio all’enorme quantità di cani in arrivo».
In che modo la sua associazione combatte questo sfruttamento?
«Grazie all’aiuto di una valida rete di volontari locali, interveniamo su segnalazione o perlustrando direttamente le campagne spagnole. Inoltre, monitoriamo le perreras peggiori e con alcune di esse, dopo tanti anni, siamo riusciti a creare un rapporto di simil collaborazione. Una volta recuperati, i cani sono spostati in pensioni a pagamento, curati e in seguito sottoposti a un protocollo sanitario lungo e complesso, che comprende quarantena, vaccinazioni e sterilizzazione. Dopodiché accogliamo l’animale nel nostro rifugio, dove le persone possono venire a conoscere i cani e adottarli».
«Completiamo fino a 300 adozioni l'anno»
Dopo l’adozione del suo primo Galgo, Stéphanie si è innamorata di questa razza e ha deciso di impegnarsi per la sua tutela fondando “Forza Rescue Dog”. «I levrieri prendono il cuore, è raro che un adottante si fermi a uno solo poiché sono equilibrati e non necessitano di grandi spazi». La facilità di gestione e la maggior sensibilizzazione hanno accresciuto il numero di adozioni negli ultimi anni, come ci conferma l’attivista ticinese: «La nostra associazione, sebbene piccola, riesce a portare a termine tra le 250 e le 300 adozioni l’anno». I costi sostenuti sono però ingenti: «Il recupero e le cure di un cane “sano” (e lo sono raramente) costano come minino 450 euro. Sopravviviamo grazie alle donazioni di privati. Si tratta di un lavoro impegnativo anche dal punto di vista psicologico. Fortunatamente dopo tanti anni, stiamo raccogliendo i frutti del nostro impegno in questa causa».