L'ultimo grave episodio nel capoluogo lombardo è di poche settimane fa
Chi sono e dove imperversano quei "cattivi ragazzi" spesso in fuga da quartieri periferici e contesti difficili.
MILANO - “Milano violenta” era un film poliziesco degli anni ’70 divenuto un cult del genere. Finzione ma non poi così lontana da quello che succede da un po’ di tempo a questa parte nel capoluogo della Lombardia. A fare scalpore ancor di più il fatto che a compiere crimini in quantità siano sempre più spesso delle baby gang.
Un’escalation di episodi in poche settimane che non trova spiegazione razionale se non nei più classici luoghi comuni sulla degenerazione e la perdita dei valori dei minori. E che finisce irrimediabilmente per sfociare nel clima di terrore che circonda i vari “branchi”. Il collante è il disagio sociale e la difficoltà d'immaginare un possibile riscatto in chiave positiva.
Per il momento restano i fatti, tanti, troppi. Gli ultimi in ordine di tempo qualche settimana fa quando sei minorenni di età compresa tra 13 e 15 anni hanno aggredito due loro coetanei a calci e pugni per rapinare loro gli zaini. E ancora, quattro ragazzi, tutti in età compresa tra i 18 e 19 anni, sono stati arrestati con l'ipotesi di reato per rapina pluriaggravata e resistenza: stordivano i passanti con il taser e poi li rapinavano.
Le baby gang che agiscono nel milanese, spesso di baby non hanno proprio nulla, se non l’età anagrafica di alcuni componenti, a volte capeggiati da uno o più maggiorenni, e in generale si muovono e agiscono come vere e proprie bande criminali. Il loro raggio d’azione si basa su quello che interpretano e definiscono come "proprio territorio" o nelle zone immediatamente limitrofe (come nei casi di via Gola o di Selinunte), mentre in altri casi si recano in "trasferta" in altre zone considerate più ricche, dove è più facile trovare prede da assaltare, come ad esempio nei casi di Moscova, Sempione, City Life, Cinque Giornate. Le Zone di appartenenza ora vengono chiamate Blocco o Bk: Banlieue Z8, Giambellino Banlieue e la Barrio Banlieue, della Barona. In alcuni casi queste bande agiscono in soli due o tre elementi, mentre in altri episodi si presentano anche in una dozzina, senza necessariamente partecipare tutti all’aggressione, ma incutendo comunque timore al malcapitato a causa del numero ma anche dell'aggressività.
Ma è altrettanto vero che le baby gang milanesi si sono digitalizzate. Li si vede sui social network, divenuti la loro nuova casa, virtuale, con una pistola in pugno o, magari, un video con un colpo sparato in area. E sotto, una musica trap in francese. Instagram e Telegram sono i social più utilizzati. Anche per darsi appuntamento, per radunarsi. Ci si trova per «fare rissa», assistere a pestaggi, sparare fuochi d’artificio, incendiare cestini dell’immondizia o mettere in scena piccole rapine tra banconote, esibizione di cellulari, droga. Trattasi di gruppi estremamente mobili sul territorio, che si identificano spesso con ostentata e ingiustificata fierezza con i quartieri di provenienza, millantando un "controllo" della zona che in realtà non hanno, ma che li fa sentire forti.
«Sono in aumento i segnali sul territorio delle Zeta o Zone e i numeri dei Cap, spesso mescolati alle scritte vandaliche e accompagnati a frasi di una semantica aggressiva - le parole di Fabiola Minoletti del Coordinamento Comitati Milanesi - scritte di writer vandalici. Segnali da non sottovalutare, in quanto indicano un disagio che si sta diffondendo tra le bande giovanili che vivono in case popolari, quartieri periferici e contesti difficili».
Dopo il lockdown un'esplosione di criminalità
«La città è ampia e presidiare tutto non è facile». Le parole del sindaco di Milano, neo rieletto, Beppe Sala, suonano come una presa d’atto dell’impossibilità di assicurare e vigilare ovunque una città che dopo il lockdown si è scoperta più violenta ancora. Milano è la prima provincia italiana per indice di criminalità nel 2021, dice una classifica stilata dal Sole 24 Ore basata sul numero di denunce ogni centomila residenti. Erano una trentina al giorno, tra "codici rossi", violenze sessuali, maltrattamenti, stalking e abbandono di minori, i casi registrati dalla Procura di Milano sul finire dell’estate: si va dai palpeggiamenti per strada o in metropolitana a episodi più pesanti, da mariti che aggrediscono le mogli, ai figli che picchiano gli anziani genitori. Immancabili le risse del sabato, sui Navigli, in Darsena, fuori dalle discoteche. Le molestie e le violenze sessuali quasi all’ordine del giorno.