Le proposte di modifica del "Green pass" sono sul tavolo del governo Draghi. Si attende il nuovo monitoraggio dell'ISS
ROMA - L'Europa è di nuovo l'epicentro della pandemia. Nel Vecchio continente le curve sono in salita ormai da alcune settimane e stiamo così assistendo a un ritorno di quelle misure restrittive che pensavamo di esserci lasciati del tutto alle spalle con l'avvento delle vaccinazioni anti-Covid. È una chiusura "a cerniera" selettiva, che dalle regioni nord-orientali del continente - la regola del 2G e il lockdown dei non vaccinati in Austria, la stretta in Germania e il ritorno del "coronapas" in Danimarca, per citarne alcune - si sta facendo strada verso sud. In Svizzera è per ora solo un tema di discussione. In Italia potrebbe diventare realtà da venerdì.
Il bivio, come riportano i media della vicina Penisola oggi, sta nelle cifre che l'Istituto Superiore di Sanità presenterà in occasione del suo monitoraggio settimanale. Gli occhi sono rivolti in particolare all'eventuale crescita dell'indice di contagio Rt, che dovrà quantificare la lunghezza della "miccia" verso una potenziale situazione di crescita esponenziale dei contagi. E se così sarà, il governo Draghi - si legge su Open - aprirà il fronte del nuovo decreto che porterà a un giro di vite sul "Green pass".
Sul tavolo del governo Draghi ci sono tre proposte di modifica. La prima riguarda la possibilità di ridurre la validità della certificazione, portandola da 12 a 9 mesi. Poi c'è tutto il discorso sui tamponi rapidi o molecolari. Donato Greco, epidemiologo del Comitato Tecnico Scientifico ha chiarito questo punto con il Corriere della Sera, spiegando che il rilascio di un pass basato sul risultato di un test antigenico non è paragonabile a quello ottenuto mediante vaccinazione o avvenuta guarigione dal Covid. Non solo, anche soffermandosi sui soli test, c'è una chiara differenza tra il grado di affidabilità tra quelli antigenici e i tamponi molecolari. In breve, Greco è certo che un "Green pass" basato sui test non può avere ancora vita lunga.
Il terzo provvedimento al vaglio di Palazzo Chigi trae infine ispirazione da quanto è già realtà in Austria; ossia una certificazione differenziata che non consentirebbe alle persone non vaccinate di accedere a bar, ristoranti e, più in generale, a luoghi di svago e aggregazione. Stando a quanto scrive oggi La Stampa, questi sarebbero così aperti solo per vaccinati e guariti. La via dei test però resterebbe comunque in vigore per ottenere un pass valido per recarsi al lavoro.