Nel 2021 la città americana ha visto un raddoppio dei crimini d'odio, i bersagli preferiti? Ebrei e asiatici
NEW YORK - A New York City aumentano i crimini d’odio. I dati diffusi dal dipartimento di polizia sono allarmanti. L’impennata rispetto a quanto registrato nel 2020, è del 100%. In particolare nei cinque distretti cittadini si sono moltiplicate le aggressioni antisemite e quelle anti-asiatiche.
Il 2019 era stato l’anno con il picco più alto. Nel 2020, invece, la situazione sembrava essersi acquietata in parte come conseguenza del lockdown. Ma la tregua è stata breve: dall’inizio di quest’anno gli episodi denunciati sono 503. In particolare sono stati rilevati 129 crimini anti-asiatici e 183 crimini antisemiti. Quelli conteggiati sono solo i reati e non le aggressioni verbali.
«Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una costante crescita dell'antisemitismo. Un fenomeno alimentato principalmente dai social media, dall’estremismo di destra, dalla polarizzazione della società», ci spiega Scott Richman, coordinatore per gli Stati di New York e del New Jersey della ADL (Anti-Defamation League), una delle più importanti e storiche organizzazioni americane contro l’antisemitismo fondata nel 1913.
«Nonostante New York sia molto ebraica, questa città è probabilmente il luogo del paese che ha più incidenti antisemiti di qualsiasi altro posto», sottolinea Richman.
«C’è una presenza ebraica consistente, ci sono istituzioni, sinagoghe che possono essere attaccate. New York è anche la città del melting pot, ci sono molti tipi di fedi ed etnie, a volte c'è attrito tra i diversi gruppi». Ma la Grande Mela è anche la città che meglio di altre ha saputo affrontare la situazione.
«La task-force del Dipartimento di polizia contro i crimini d’odio – dice Richman - è un gruppo molto serio che si occupa non solo di antisemitismo, ma anche di violenza anti-asiatica o contro la comunità afroamericana. Lavoriamo a stretto contatto con loro. Anche altre città avrebbero bisogno di una task force contro i crimini d'odio».
C’è ancora tanto da fare, avverte Scott Richman: «Ad esempio è necessario che le figure in primo piano siano coinvolte, parlino; è poi molto importante educare la gente su cosa sia un crimine d'odio e sull'importanza di denunciarlo».
Richman mette in guarda sull’importanza dei social. «Abbiamo tutti una grande responsabilità sui social media e i nostri legislatori hanno il dovere di mettere in atto una regolamentazione. C'è un'enorme quantità di odio online. C’è bisogno di riformare i social media, mettere più regole».
E conclude: «Quando le persone vedono odio e disinformazione sui social media, non devono limitarsi a inveire contro smartphone o computer. Devono invece segnalarlo, è molto importante che le persone imparino a pensare più criticamente quando sono sui social media».