Per la sottosegretaria americana Victoria Nuland «non sarà mai resuscitato». E l'Ue ragiona per sganciarsi dal gas russo
L'Europa nell'immediato non può però permettersi di rinunciare alle forniture di Mosca, che non a caso minaccia di rispondere alle sanzioni imponendo un proprio embargo sul transito di gas attraverso il primo Nord Stream «che oggi opera al 100%».
MOSCA - «È un grosso pezzo di metallo in fondo al mare». L'epitaffio lo ha "scolpito" a voce Victoria Nuland, la sottosegretaria agli Esteri degli Stati Uniti, officiando una sorta di funerale del gasdotto "Nord Stream 2", affondato - letteralmente - dal ventaglio di sanzioni che l'Occidente ha sventolato contro la Federazione Russa dopo l'invasione dell'Ucraina.
L'eco delle parole della Nuland - pronunciate poche ore fa nel corso di un'audizione di fronte ai senatori della commissione Affari esteri - ha impiegato poco tempo per farsi strada fin oltre la "cortina" digitale (parziale) innalzata da Mosca. L'agenzia russa Tass le ha dedicato uno spazio nella parte più alta della sua homepage, subito sotto la notizia principale. Per la sottosegretaria americana il progetto «è morto» e, ha aggiunto, «non credo ci sarà un modo in cui potrà essere resuscitato».
Le prime campane a fine febbraio
Ma, a voler ben vedere (o ascoltare), le prime campane a morto suonavano per la verità già a fine febbraio in quel di Bruxelles. L'occasione, nel giorno esatto in cui i carri armati russi facevano il loro ingresso sul suolo ucraino, è stata la conferenza virtuale organizzata da Euractiv proprio per discutere del controverso gasdotto e della sicurezza energetica. Era il 24 febbraio scorso e due giorni prima il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva sospeso l'autorizzazione a quel super collegamento che si snoda per oltre 1'200 chilometri nelle profondità del Mar Baltico. La firma, per restare in tema, sul "certificato di morte".
L'eurodeputato lituano Andrius Kubilius dichiarò che "Nord Stream 2" «è morto per sempre». Con riserva. Nel senso che «non vedo come possa essere riavviato», ma «forse, se la Russia diventasse democratica...». Il forse però poco si presta al fare calcoli. E se lo stop preventivo all'entrata in funzione del gasdotto ha sicuramente tolto dalle mani del Cremlino un efficace grimaldello, politico e diplomatico, con cui trattare con l'Europa - che allo stato attuale dipende dal gas russo in una misura del 40% circa; con l'impegno dei vertici comunitari a tagliare la quota di due terzi delle importazioni entro la fine dell'anno -, va altresì ricordato che nei tubi del gasdotto non scorre al momento alcun litro di quel gas. E in tal senso, già sul finire del 2021 il presidente della Bundesnetzagentur, l'Agenzia tedesca preposta alla gestione delle reti, aveva chiarito che la luce verde non sarebbe scattata sicuramente prima della metà del 2022.
L'altro grimaldello, il primo "Nord Stream"
Nelle mani di Mosca rimane però il primo "Nord Stream", che con le sue due linee parallele ha una capacità annua ufficiale di 55 miliardi di metri cubi di gas - una quantità sufficiente, si legge sul sito della società, «a soddisfare la richiesta di oltre 26 milioni di economie domestiche in Europa» -, anche se nel 2021 si è arrivati oltre la quota di 59 miliardi. Cifre che lo rendono, questo sì, un grimaldello funzionale al 100% nelle mani del Cremlino. Le parole del vicepremier russo Alexander Novak lo certificano. E hanno il retrogusto di una minaccia, per non dire di un ricatto, verso l'Unione europea, in risposta alla decisione del cancelliere tedesco e alle sanzioni di Bruxelles. «Abbiamo il pieno diritto di imporre un embargo al transito di gas verso il gasdotto Nord Stream che oggi opera al 100%» della sua capacità.
Nell'immediato questo sarebbe catastrofico per la sicurezza energetica del Vecchio continente. Già il solo aumento dei prezzi di questi ultimi giorni ne è una prima ma convincente avvisaglia. E lo stesso Scholz in Germania ha tirato il freno di fronte alla possibilità di applicare un embargo sul gas russo. Perché a poco serve attuare una misura che non si è in grado di poter sostenere nel tempo. E questo nonostante a Berlino si dicano «preparati», nell'eventualità che Vladimir Putin decida di chiudere i rubinetti. Parola del vice cancelliere Robert Habeck.
Che fine farà Nord Stream 2?
L'intenzione nel medio termine è in ogni caso quella di staccarsi dalle forniture russe. Londra ha annunciato che lo farà entro la fine del 2022. L'Italia sta definendo in questi giorni un piano d'uscita dalla dipendenza verso il gas proveniente dalla Russia. La strada più veloce da percorrere è quella di incrementare gli afflussi di gas liquefatto trasportato via nave. Il tragitto non sarà il medesimo per tutti i Paesi, ma la destinazione sì: lasciare la Federazione Russa sempre più isolata. E la domanda a questo punto nasce spontaneamente: che fine farà Nord Stream 2?