Uno Stato insulare ed un patto di sicurezza con Pechino: volano parole forti
Mentre sui giornali australiani si è persino parlato di «invasione» per impedire l'accordo, il premier delle Salomone è furente: «Preoccupazioni offensive e deplorevoli»
HONIARA - L'intensificarsi dei colloqui e un accordo quasi raggiunto con la Cina hanno fatto puntare gli occhi di parecchi leader mondiali sull'arcipelago delle isole Salomone.
Situato nel Sud del Pacifico, a nordest dell'Australia, il piccolo Stato oceanico ha in fase di conclusione una sorta di accordo di sicurezza con il Dragone, che permetterebbe il dispiegamento di forze di sicurezza e navi cinesi nell'arcipelago, a meno di 2'000 km dalla costa australiana.
Un'intesa che ha scatenato la forte reazione in primis di Canberra, sorpresa e preoccupata da ciò che accade in Melanesia. «Siamo preoccupati per qualsiasi azione che destabilizzi la sicurezza della nostra regione», ha detto la settimana scorsa il ministero degli esteri australiano. Timori condivisi anche dagli alleati di Scott Morrison, come ad esempio gli USA, vista la possibilità che la Cina costruisca una base navale nel Sud del Pacifico, che le permetterebbe di ampliare ben oltre i suoi confini il suo potere marittimo.
L'agitazione è talmente elevata che David Llewellyn-Smith, ex caporedattore della rivista "The Diplomat", ha detto che l'Australia dovrebbe essere pronta persino ad invadere le Isole Salomone e cambiarne il Governo per evitare che firmi un tale accordo, che rappresenterebbe «la fine della sovranità e democrazia» australiana.
«Altamente offensivo»
In seguito alla reazione sorta dai vicini, il Primo ministro delle Isole Salomone, Manasseh Sogavare, non le ha mandate a dire, descrivendo come «deplorevoli» le preoccupazioni espresse da «molti leader». «È altamente offensivo essere accusati di inettitudine nella gestione dei nostri affari interni o di avere altre motivazioni nel perseguire il nostro interesse nazionale», ha detto il leader del governo in un discorso infuocato.
Chiarendo che gli accordi di sicurezza dell'Australia con le Isole Salomone «rimarranno intatti», Sogavare ha poi spiegato che «per soddisfare le nostre esigenze di sicurezza, è chiaro che dobbiamo diversificare le nostre relazioni con altri paesi».
Sogavare ha in seguito aggiunto che il patto doveva ancora essere firmato, ma ha confermato che il suo governo e le sue controparti a Pechino avevano trovato terreno comune sulla forma che avrebbe preso: il trattato può essere attivato solo su richiesta della nazione, ed è «un'assoluta assurdità» che la presenza della Cina nella regione sia una minaccia alla sicurezza, secondo il premier. «Non c'è alcuna intenzione di chiedere alla Cina di costruire una base militare nelle Isole Salomone», ha infine concluso.
Un leader sotto tiro
Sogavare, comunque, non è amatissimo all'interno del suo Stato con 700mila abitanti.
Lo scorso novembre, per protestare la sua gestione hanno avuto luogo ampi disordini per tre giorni, rivolte dovute alla povertà, alla disoccupazione e alla perenne rivalità tra le isole. Inoltre, come riporta l'AFP, i residenti delle Salomone non vedono di buon occhio la decisione del Governo di interrompere i legami con Taiwan e di avvicinarsi notevolmente a Pechino.
Circa 200 poliziotti e soldati provenienti da Australia, Nuova Zelanda, Fiji e Papua Nuova Guinea sono arrivati nella capitale Honiara nei giorni successivi ai disordini, su richiesta di Sogavare, ma si sono trovati in contrasto anche con gli agenti inviati dalla Cina, che aveva ricevuto la stessa richiesta.
Tutto ciò si inserisce in un contesto in cui il rapporto tra l'Australia e la Cina è fortemente deteriorato, come dimostrano ad esempio il patto AUKUS e l'accresciuta collaborazione con il Giappone.