Il volto della risposta globale alla pandemia è stato rieletto: «La guerra mi segue da sempre»
Criticato da Trump e dal suo Paese natale, ha però il sostegno della maggior parte della comunità internazionale, ed è pronto per le sfide di un secondo mandato
GINEVRA - Il suo volto è diventato tra i più noti e conosciuti a livello mondiale, quando l'11 marzo del 2020 ha annunciato ufficialmente che il Covid-19 era ormai considerato una pandemia.
Si tratta di Tedros Adhanom Ghebreyesus, che è a capo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità dal 2017, e che lo sarà anche per i prossimi cinque anni (anche essendo l'unico candidato). In precedenza, il 57enne laureato in immunologia è stato ministro etiope della Salute e degli Affari esteri.
Ma dietro al funzionario, sempre attento e determinato a far passare gli importanti messaggi di salute pubblica, c'è un uomo che si descrive «di pace», ma anche «plasmato da un'infanzia di guerra».
«Sono un figlio della guerra»
Ed è proprio la guerra, come riporta l'agenzia AFP, ad aver plasmato la vita di Ghebreyesus, essendo nato nella regione del Tigray.
«Più ancora delle pandemie, la guerra scuote e manda in frantumi le fondamenta su cui si reggevano società precedentemente stabili», ha dichiarato Ghebreyesus domenica all'Assemblea Mondiale della Sanità, parlando proprio dell'impatto delle guerre. «Lascia cicatrici psicologiche che possono richiedere anni o decenni per essere rimarginate» ha aggiunto, sottolineando di aver vissuto questa esperienza in prima persona.
«Sono un figlio della guerra», ha spiegato, con un'emozione palpabile nella voce, raccontando del suo passato. «Il suono degli spari e delle granate che fischiano nell'aria, l'odore del fumo, i proiettili... Queste cose mi sono rimaste impresse per tutta la vita, perché mi sono trovato nel bel mezzo della guerra quando ero molto giovane». «Quando mia madre sentiva gli spari e i botti durante la notte, ci faceva dormire sotto il letto».
«Mi ha plasmato da figlio, e da genitore»
Non solo da giovane, però. Anni dopo, nel 1998, quando la guerra è tornata in Etiopia, «ho provato la stessa paura come genitore... e i miei figli si sono dovuti nascondere in un bunker per ripararsi dai bombardamenti». E ora ancora: «Sento di nuovo lo stesso dolore» con il conflitto che imperversa nella regione del Tigray dalla fine del 2020. «La guerra mi segue da sempre».
Per questo non ha avuto dubbi quando ha deciso di recarsi in Ucraina, a visitare gli ospedali colpiti dai bombardamenti. Il messaggio che il leader dell'OMS è ansioso di portare avanti è che la pace è un «prerequisito» per la salute: «La guerra è seguita, a breve distanza, da fame e malattie». La comunità globale non può affrontare adeguatamente la montagna di emergenze e sfide sanitarie che abbiamo di fronte, tra cui la crisi di Covid-19 e le minacce pandemiche emergenti, «in un mondo diviso».
Tra vaccini e Trump
I suoi primi cinque anni alla guida dell'OMS sono stati parecchio turbolenti, in particolare poiché è diventato il volto della risposta globale alla pandemia di coronavirus. Oltre a ciò, ha avuto anche diverse altre sfide, tra cui lo scandalo di abusi sessuali che ha coinvolto il personale dell'OMS nella Repubblica Democratica del Congo.
Durante questi anni, ha ricevuto delle critiche, ma anche tanto sostegno, in particolare dall'Africa. Il lavoro dell'immunologo è molto apprezzato dagli africani per aver permesso che lo sguardo della comunità internazionale si rivolgesse maggiormente verso il Continente, soprattutto durante la pandemia e in relazione al disequilibrio nelle campagne di vaccinazione.
Le critiche, invece, sono arrivate in particolare dal Presidente etiope - che l'ha criticato per la sua posizione sulla guerra nel Tigray - e dall'ex Presidente statunitense Donald Trump, che lo accusava di essere un «burattino di Pechino» che ha «contribuito a coprire le prime fasi dell'epidemia».
Dall'arrivo del Presidente Joe Biden alla Casa Bianca, Ghebreyesus ha comunque nuovamente potuto beneficiare del sostegno di Washington, che sarà importante anche per le sfide future: il suo compito più arduo sarà quello di rafforzare un'agenzia le cui carenze sono state messe a nudo dalla pandemia di Covid, anche perché le sfide non mancheranno: con le guerre in corso nel mondo e pensando all'epatite nei bambini, o al vaiolo delle scimmie, sarà fondamentale saper prevenire e gestire al meglio ogni epidemia.