I primi afflati della campagna elettorale italiana hanno fatto riemergere un vecchio "evergreen": il ponte sullo Stretto
ROMA - «Noi parliamo di cose che interessano agli italiani: il ponte sullo Stretto, la flat tax e il nucleare». Parole e "musica" sono di Matteo Salvini, che nel pieno della rovente (e caotica) campagna elettorale italiana d'agosto ha riesumato un vecchio totem delle promesse da comizio: l'opera futuribile per eccellenza.
Inevitabile è stato quindi farsi un giro esplorativo tra le bacheche dei media della vicina Penisola che hanno riportato le dichiarazioni del leader del Carroccio. Perché se è indubbio che le reazioni degli elettori, o potenziali tali, sui social network non possono essere considerate il più preciso e scientifico dei barometri, costituiscono quantomeno una cartina al tornasole per sondare gli effetti del ritrovarsi sul tavolo la consueta minestra. Mai cucinata, ma più e più volte riscaldata.
E così si va da chi liquida la "promessa" di Salvini come fosse la più classica delle televendite - ricordando che «alle prime dieci telefonate» verranno offerti «anche un televisore e una batteria di pentole», o in alternativa «uno splendido materasso Eminflex in omaggio» - a chi, senza sguainare il sarcasmo, ricorda invece che prima del ponte servirebbero «linee ferroviarie come si deve in Sicilia». E, aggiungiamo noi, viene anche da chiedersi quanto la suddetta opera soddisfi i criteri per potersi iscrivere alla categoria delle "cose" che interessano davvero agli italiani. Ma questo è un ulteriore discorso, che meriterebbe un approfondimento a parte.
Torniamo quindi al ponte che non c'è e di cui si parla, in termini progettualmente concreti, sin dalla metà del XIX secolo. Con la sequenza elettorale di questo 2022 - le amministrative a giugno, la caduta del governo Draghi e le politiche anticipate a settembre e, infine, le regionali in Sicilia previste per l'autunno -, una parte della politica lo ha tirato fuori dalla naftalina per schiaffarlo tra un taglio delle tasse e un aumento delle pensioni. Un "evergreen". O, ancora meglio, un «Amarcord» come lo ha definito la rivista MicroMega, che lo scorso giugno, proprio in vista delle elezioni amministrative, aveva dedicato - a firma di Carlo Cornaglia - un pungente poema al ponte sullo Stretto di Messina che, di volta in volta, «è tornato in un cassetto».
A farne un cavallo di battaglia fu, per primo, l'ex "premier" Silvio Berlusconi. Prima nel 1997. Più concretamente a partire dalla campagna elettorale del 2001. E da quel momento, il ponte ha sempre fatto ritorno quando si è reso necessario sventolare slogan e bandiere. Un testimone successivamente raccolto, in separata sede, anche da un altro ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, oggi leader di Italia Viva. Per «togliere la Calabria dall’isolamento e far si che la Sicilia sia più vicina». Insomma, il ponte non c'è, e forse non ci sarà mai, ma da un quarto di secolo a questa parte è comunque sempre lì. Una sorta di illusione permanente; degna - restando nelle vicinanze di Messina - della Fata Morgana e del mito di Scilla e Cariddi. In attesa di scoprire quali saranno i programmi elettorali delle forze politiche in campo. Quelli veri, si intende.