Per il giudice, Irmgard Furchner fu «deliberatamente» complice dell'uccisione di oltre 10'505 detenuti del lager di Stutthof, a Danzica.
BERLINO - Quella giovane segretaria non poteva non sapere ciò che accadeva nel campo. E per il giudice, Irmgard Furchner fu «deliberatamente» complice dell'uccisione di oltre 10'505 detenuti del lager di Stutthof, a Danzica. La sentenza del processo all'ex stenografa del campo di concentramento nazista è arrivata oggi: una condanna a due anni di detenzione con la condizionale che colpisce un'anziana signora comparsa in aula tutta vestita di bianco dopo aver ostinatamente taciuto per 14 mesi.
La 97enne non ha mai riconosciuto di essere colpevole. Si è limitata ad affermare di essere «dispiaciuta dell'accaduto», prendendo la parola qualche settimana fa nell'aula giudiziaria del Tribunale tedesco di Itzehoe, dove oggi è arrivata la decisione sul suo caso. «E mi dispiace di essere stata all'epoca proprio a Stutthof. Di più non posso dire», ha concluso, lasciando tutti interdetti.
L'atteggiamento dell'imputata - valutata comunque in base al codice del diritto minorile perché fra il giugno 1943 e l'aprile del 1945, quando prestò servizio al lager, aveva 18-19 anni - è stato evidente fin dalle prime battute del processo: alla prima udienza tentò una fuga in taxi all'alba dal centro per anziani in cui risiede, alle porte di Amburgo. Impresa finita con l'arresto nel giro di qualche ora, quando fu intercettata nella città anseatica dalla polizia, che le stava dando la caccia. Ai giudici aveva chiesto in una lettera la possibilità di non partecipare, per «risparmiarsi di essere messa alla gogna dell'umanità». Ma quel permesso, ovviamente, non le era stato accordato.
La difesa dell'ex stenografa ha puntato sul fatto che la donna fosse addetta esclusivamente a mansioni d'ufficio e dunque non potesse neppure sapere cosa succedeva nel campo di concentramento. In realtà, secondo la giustizia, dal suo bureau la segretaria del comandante del lager Werner Hoppe contribuì al funzionamento di quella macchina dell'orrore. E lavorando al primo piano dell'edificio della dirigenza aveva la possibilità di vedere gran parte del campo: il lavoro forzato, le eliminazioni, la morte quotidiana dei prigionieri, «impossibile che non avesse notato nulla». Non solo. Non decise mai neppure di dimettersi, ha sottolineato il giudice Dominik Gross: «Stutthof aveva bisogno di aiutanti volenterosi». La Furchner «ha dato sostegno deliberatamente a che i prigionieri attraverso il gas, le condizioni ostili alla vita, i trasporti al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau e le cosiddette marce della morte» fossero uccisi in modo brutale. E la sua attività amministrativa era indispensabile al funzionamento del lager, l'aggiunta.
«Era scientemente e deliberatamente parte della mostruosa fabbrica della morte», ha scandito dal canto suo Onur Ozata, legale dei tre sopravvissuti dalla Lituania e da Israele che si sono costituiti parte civile al processo. La sentenza di oggi è importante proprio perché colpisce non un esecutore materiale degli omicidi efferati della Shoah ma una collaboratrice che assecondò gli eventi, restando nel sistema criminale messo su da Adolf Hitler. Sul giudizio si è espresso con soddisfazione il centro Simon Wiesenthal: «È il miglior risultato possibile, dal momento che la cornice di riferimento era il diritto minorile».