Washington non fa parte dell'agenzia culturale delle Nazioni Unite dal 2018.
NEW YORK - Gli Stati Uniti intendono rientrare nell'Unesco a partire da luglio di quest'anno, ponendo fine a una disputa ultradecennale con l'agenzia culturale delle Nazioni Unite che ha visto Washington porre fine alla sua adesione nel 2018.
«È un forte atto di fiducia nell'Unesco e nel multilateralismo», ha dichiarato il direttore generale Audrey Azoulay, informando i rappresentanti degli Stati membri dell'organismo a Parigi della decisione di Washington di rientrare.
Nel 2011 il maggior contributore dell'organizzazione smise di elargire fondi in polemica con l'ingresso della Palestina, ed esasperata da Donald Trump nel 2018 con l'uscita di Washington dall'agenzia dell'Onu.
Il ritorno a Parigi è stato fortemente voluto dal presidente Joe Biden sin dall'inizio del suo mandato soprattutto per evitare che la Cina, in assenza del contraltare americano, possa dilagare in settori delicati come la regolamentazione delle nuove tecnologie.
«È un forte atto di fiducia nell'Unesco e nel multilateralismo», ha dichiarato la direttrice generale Audrey Azoulay comunicando ai rappresentanti degli Stati membri la richiesta di Washington che, se approvata, sarà effettiva dal mese prossimo. Gli Stati Uniti hanno anche informato l'organizzazione che pagheranno i contributi arretrati per un totale di oltre 600 milioni di dollari. D'altra parte, fino al 2011 gli Usa contribuivano al 22% del budget dell'Unesco, ovvero circa 75 milioni di dollari.
Lo scorso dicembre, il Congresso controllato dai democratici aveva spianato la strada con la legge di bilancio che destinava al finanziamento dell'organizzazione ben 150 milioni di dollari. In una lettera ad Azoulay, il vice segretario americano al management e alle risorse, Richard Verma, ha espresso la «gratitudine» di Washington per il lavoro svolto sino a oggi, soprattutto per aver «spostato l'attenzione dalle questioni politicizzate» ad altri «temi significativi».
In realtà, il motivo principale del ritorno degli Stati Uniti nell'agenzia dell'Onu lo ha spiegato il segretario di Stato Antony Blinken lo scorso marzo sottolineando che l'assenza Usa stava lasciando campo libero alla Cina su questioni delicate come l'intelligenza artificiale. «Credo fermamente che dovremmo tornare all'Unesco, non come un regalo all'agenzia ma perché le cose che stanno accadendo lì contano davvero», aveva dichiarato Blinken durante un'audizione alla commissione del Senato presentando la legge sul budget. «A Parigi si lavora su regole, norme e standard per l'intelligenza artificiale. Dobbiamo esserci», aveva detto il segretario di Stato.
Pechino da parte sua ha fatto sapere che non si opporrà al ritorno degli Stati Uniti. «L'Unesco ha bisogno che tutti i suoi Stati membri uniscano le loro forze per adempiere alle sue missioni», ha dichiarato l'ambasciatore presso l'Agenzia a Parigi Yang Jin. «Siamo pronti a lavorare con tutti gli Stati membri, compresi gli Stati Uniti», ha sottolineato, rimarcando che il ritiro di Washington ha avuto un «impatto negativo» sull'organizzazione.
Gli Stati Uniti si erano già ritirati dall'Unesco nel 1984 per quasi 20 anni, fino all'ottobre 2003. Ora la richiesta di Washington sarà presentata alla Conferenza generale degli Stati membri per l'approvazione finale.