Perché alcuni canali Telegram vicini alla Wagner non credono alla scomparsa del loro leader? Il punto, tra ipotesi più o meno stravaganti
SAN PIETROBURGO - Il mito di Yevgeny Prigozhin travalica la sua esistenza terrena. Perlomeno quando ci si muove nell'orbita della brigata Wagner e dei suoi fedelissimi; quella che anche dopo la conferma della sua morte - mediante esami del dna, come comunicato ieri dal Comitato investigativo russo sullo schianto aereo - ha invitato a «non diffondere informazioni non verificate», perché - sempre da quanto si legge sul canale Telegram "Unloading Wagner" - «molte fake news, che nulla hanno a che fare con la realtà, sono apparse su blog e testate giornalistiche».
Tutto qui? No, scandagliando i vari canali non è difficile imbattersi nelle motivazioni che spingono gli accoliti (social) della brigata a credere che Prigozhin possa avere, nuovamente, sgambettato la morte. E uno di questi canali - Prigozhin 2023, con tanto di badge azzurro e quasi 450mila iscritti - mette in sequenza tutta una serie di fatti a, «possibile», sostegno di questa tesi. E lo fa partendo da una premessa che sembra prendere spunto dal film "Il Cavaliere oscuro - Il ritorno" di Cristopher Nolan: «Di che identificazione stiamo parlando se i corpi sono sfigurati e bruciati? In generale, con il livello di competenze della Wagner, l'identificazione non è un tema. Teoricamente è facile da mistificare».
Ma andiamo alla disamina. Punto per punto. Il primo sono le voci africane - come noto, la Wagner era ed è tuttora impegnata nei Paesi dell'Africa centrale -, che davano Prigozhin come "avvistato" in Mali dopo la notizia dello schianto. Inoltre, Prigozhin «era già stato dato per morto in passato», in Congo nel 2019, e «anche in quel caso in uno schianto aereo». Tuttavia, viene sottolineato nel post, il leader della Wagner «era meno noto di oggi a livello mediatico», quindi la notizia ebbe meno risonanza. Non solo, anche lo scorso anno, proprio ad agosto, Prigozhin era stato indicato fra le vittime di un bombardamento e «seppellito».
Depennati i precedenti, l'attenzione si rivolge «all'eccessiva semplicità» dell'accaduto. «Tutti e tre i comandanti della Wagner erano sullo stesso aereo, una cosa che non avevano mai fatto prima» proprio per evitare «che la compagnia potesse essere decapitata in un solo colpo, come invece è accaduto». E poi c'è tutto il discorso legato al secondo volo, in contemporanea, che già negli istanti immediatamente successivi allo schianto di mercoledì aveva tenuto banco, tra lanci d'agenzia e voci contrastanti.
E, per concludere la rassegna delle ipotesi, il canale cita anche la ricorrenza con la tentata ribellione della Wagner, che proprio il 24 giugno, due mesi esatti prima, aveva iniziato la sua marcia su Mosca; fermatasi a 200 chilometri dalla capitale russa. «Per quanto una ribellione militare possa essere un crimine terribile, tutte le accuse nei confronti di Prigozhin sono state fatte cadere. Inoltre la continuazione della sua missione in Africa è negli interessi della Russia». Quindi il gran finale: «E se il presidente, semplicemente in segno di amicizia e rispetto per i suoi servigi alla madrepatria, avesse concesso a Prigozhin il tempo di concludere i suoi ultimi affari e di scomparire? Fosse così, considerando quanto abbiamo elencato, allora sembra sia andata abbastanza bene».