Mosca ha deciso che le prossime presidenziali si svolgeranno anche nei nuovi territori ucraini annessi: cosa significa?
MOSCA - I cittadini delle zone occupate saranno chiamati a esprimersi sulle prossime elezioni russe in programma il 17 marzo del 2024. Ergo, anche gli ucraini voteranno la rielezione di Putin. La Commissione elettorale centrale russa ha deciso che le prossime presidenziali si svolgeranno anche nei nuovi territori ucraini annessi: Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson.
Uno schema collaudato - Un passo che ricorda quanto avvenuto a settembre dello scorso anno con i referendum farsa che hanno di fatto ufficializzato l'annessione delle quattro regioni ucraine alla Federazione. Non ci sono dubbi sul risultato delle prossime presidenziali, esattamente come era capitato con i referendum di annessione a settembre del 2022. E se si fa un passo ancora più indietro, ecco che ritroviamo lo stesso schema anche nel 2014 in Crimea, dove il 97% (secondo quanto ufficializzato dal Cremlino) aveva votato per l'adesione alla Russia. Dunque la domanda sorge spontanea: perché Putin si impegna tanto a organizzare questi voti?
Senz'altro Putin ha bisogno di legittimare l'estensione del braccio di Mosca sulle zone occupate. «Lo scopo è quello di seminare il dubbio», aveva affermato al Time Magazine dopo i referendum di settembre Roger Moorhouse, storico britannico. «Putin vuole dare ai sostenitori della Russia, sia all’estero che in patria, un argomento in più per difendere la guerra in Ucraina».
Solo una questione di legittimazione? - A settembre del 2022 il referendum era coinciso con un momento particolare dell'evoluzione della guerra. La controffensiva ucraina aveva ottenuto buoni risultati. Le truppe di Kiev avevano da poco liberato la città di Kherson, snodo cruciale per la Crimea. Ogni attacco ucraino nelle zone occupate (diventate nel frattempo parte integrante della Federazione russa) sarebbero corrisposti a un attacco contro la Russia, offrendo così al Cremlino la legittimazione per rispondere a ogni colpo.
Ora la situazione è cambiata. Lo slancio della controffensiva ucraina si è fermato. Sul fronte degli aiuti occidentali, il no espresso il 6 di dicembre dal congresso americano su un importante pacchetto finanziario chiesto da Biden, ha sollevato alcune perplessità. Una decisione che non pregiudica certo il sostegno di Washington a Kiev, ma che rivela certo una certa stanchezza anche da parte di chi ha sempre giurato di difendere a spada tratta e senza condizioni l'alleato ucraino.
Pressione sui governi occidentali - Una stanchezza che Putin percepisce. Anche se l’Occidente non riconosce la legittimità dell’annessione delle regioni ucraine, il fatto che il Cremlino ora consideri questi territori come parte della Russia potrebbe essere sufficiente per minare l'aiuto di alcuni governi per Kiev. «È un esercizio di intimidazione nei confronti dell’alleanza occidentale, per mettere alla prova la convinzione occidentale nell'aiutare l'Ucraina», spiegava Moorhouse a settembre del 2022 facendo riferimento ai referendum farsa. Come scriveva Eleonora Tafuro Ambrosetti, ricercatrice dell'ISPI, riferendosi all'annessione dei territori occupati a Mosca: «La guerra si vince anche con le immagini e le narrazioni, oltre che con le armi». Una narrazione che Putin sta costruendo da anni e che non può prescindere da referendum farsa e voti privi (a un'analisi superficiale) di significato.