La risposta israeliana all'attacco dell'Iran: una mossa che spiana la strada alla de-escalation oppure alimenta il conflitto?
WASHINGTON - Joe Biden tira un sospiro di sollievo, confortato dalla ritorsione limitata di Israele in Iran dopo la pioggia di missili e droni lanciati da Teheran lo scorso weekend per vendicarsi del raid dell'Idf sul consolato di Beirut.
Una mossa che sembra spianare la strada alla de-escalation tra i due Paesi e di cui gli Usa erano stati preavvisati ma senza dare il loro avallo. Buone notizie anche sul fronte ucraino, dopo che la Camera Usa ha spianato la strada ai nuovi aiuti per Kiev (oltre che per Israele e Taiwan).
Il presidente americano aveva invitato inizialmente il premier Benyamin Nethanyahu a non reagire e ad accontentarsi di quello che poteva vantare come un successo, ossia la neutralizzazione al 99% dello strike iraniano grazie anche al sostegno americano e degli alleati arabi. Ma, comprendendo l'inevitabilità di una risposta al primo attacco diretto di Teheran in territorio israeliano dalla rivoluzione khomeinista, aveva cercato in tutti i modi di circoscriverla per evitare l'incendio nella regione. Per questo aveva chiesto pubblicamente «moderazione» e «prudenza», facendo pressione su Israele anche tramite gli alleati e il G7 sotto la presidenza dell'Italia, cui il segretario di Stato Antony Blinken - dalla ministeriale di Capri - ha riconosciuto «un ruolo cruciale nella de-escalation in Medio Oriente».
Ad annunciare ai network Usa che si è trattato di un raid israeliano sono stati alcuni alti dirigenti americani sotto anonimato, svelando che Tel Aviv aveva preavvisato Washington di un attacco imminente e dato assicurazioni che non avrebbe colpito siti nucleari, senza però che la Casa Bianca desse luce verde o il suo sostegno. Ma Israele non ha confermato, né lo ha fatto Teheran, a dimostrazione - secondo molti osservatori - del tentativo comune di abbassare la tensione e chiudere il ciclo delle ritorsioni. Lo stesso Blinken, dal G7 dei ministri degli Esteri a Capri, ha ripetutamente rifiutato di confermare il raid israeliano: «Quello che posso dire è che non siamo coinvolti in alcuna operazione offensiva e che stiamo lavorando alla de-escalation. Non voglio dire altro». Una linea ribadita anche dagli altri diplomatici americani. In una conferenza stampa separata, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha riferito che «gli Stati Uniti sono stati informati all'ultimo minuto» e che «non c'è stata condivisione da parte degli Usa», interpretando quanto accaduto come «frutto dell'impegno e del lavoro del G7».
Ora Biden torna a fare i conti con la Striscia e in particolare Rafah, rimasti oscurati dal duello Israele-Iran. Lo ha sottolineato anche Blinken: «Restiamo intensamente concentrati su Gaza». E ha ribadito che gli Usa «non possono sostenere una rilevante operazione militare a Rafah», smentendo così nuovamente le voci di un via libera americano in cambio di una reazione contenuta contro l'Iran, come avvenuto ieri. Su questo punto continuano i colloqui bilaterali, dopo quelli di giovedì.
Ma il commander in chief continua a tessere la tela di un disegno più grande, spingendo - rivela il Wsj - per un accordo diplomatico nei prossimi mesi che, ampliando gli accordi di Abramo avviati da Donald Trump, normalizzi i rapporti tra Israele e l'Arabia Saudita in cambio di un impegno per uno Stato palestinese. Riad - che si accontenterebbe di un impegno verbale - otterrebbe dagli Usa garanzie di sicurezza e assistenza nell'acquisto di energia nucleare civile. La svolta consentirebbe anche di limitare l'influenza della Cina nella regione e isolare ulteriormente Teheran. La sfida più ardua sarà convincere 'Bibi' e l'ala più estremista del suo governo (mentre Benny Gantz sarebbe favorevole). Ma l'utilità dell'inedito scudo dei Paesi arabi durante l'attacco iraniano potrebbe aiutare. E un accordo mediato dagli Usa, con truppe arabe a Gaza per garantire la sicurezza, offrirebbe a Israele una exit strategy dalla Striscia, una volta finito il conflitto. Il prezzo da pagare però è la soluzione dei due Stati. Biden sembra crederci. In tal modo arriverebbe alle elezioni senza più la guerra a Gaza e con un accordo storico in Medio Oriente. Netanyahu permettendo.