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GUERRA IN UCRAINABeni russi come garanzia per l'Ucraina? Questa volta è più difficile

04.10.24 - 23:50
L'Ungheria si mette di traverso a Bruxelles che cerca di aggirare il "muro" di Orban. E in ballo ci sono anche gli interessi degli USA
keystone-sda.ch / STR (Evgeniy Maloletka)
Fonte ats ansa
Beni russi come garanzia per l'Ucraina? Questa volta è più difficile
L'Ungheria si mette di traverso a Bruxelles che cerca di aggirare il "muro" di Orban. E in ballo ci sono anche gli interessi degli USA

La storia più o meno è sempre la stessa: l'Ungheria dice no. Questa volta però lo scenario è più complicato, perché ci vanno di mezzo anche gli interessi degli Usa. Il terreno di scontro è il prestito da 50 miliardi di dollari (42,2 miliardi di franchi al cambio attuale) all'Ucraina deciso dal Gruppo dei sette (G7, di cui fanno parte Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti), peraltro proprio su impulso di Washington.

Budapest fin da subito ha espresso riserve - atteggiamento standard quando si tratta di sostenere Kiev - e dunque la Commissione europea ha ideato un meccanismo per aggirare il possibile veto del premier magiaro Viktor Orban. In sintesi, paga l'Ue. Ma le conseguenze politiche potrebbero essere rilevanti.

Facciamo un passo indietro. La proposta dell'esecutivo blustellato prevede la costituzione di un veicolo finanziario che emetterà il finanziamento a Kiev con a garanzia gli asset della Banca centrale russa immobilizzati in Europa. Una scatola, diciamo. Per riempire la scatola servono soldi. Regno Unito, Canada e Giappone ci metteranno dieci miliardi di dollari. Gli Usa, 20. E l'Ue il resto (dunque altri 20).

Gli Stati Uniti però chiedono che le sanzioni agli asset russi bloccati sui conti della società belga di servizi finanziari Euroclear durino 36 mesi e non sei come ora. C'è una ragione e la spiegheremo dopo. Per farlo, però, serve l'unanimità. E l'Ungheria non ci sta. «Non c'è al momento il consenso sul punto», conferma un'alta fonte europea. Il primo ad affrontare il nodo di petto, martedì prossimo, sarà l'Ecofin (ossia i ministri delle finanze degli Stati membri dell'Ue), sperando di trovare un accordo in tempo per il Coreper del giorno dopo (ovvero il direttorio dell'Ue, dove siedono i 27 ambasciatori dei paesi membri).

Nessuno, però, si aspetta davvero una svolta. Perché a decidere è sempre e solo lui, Orban. E qui torniamo all'escamotage della Commissione. L'Ue metterebbe sul piatto «fino a 35 miliardi di euro» (fino a 33 miliardi di franchi) usando come garanzia il bilancio comunitario, aggirando il veto di Orban e coprendo la quota degli Usa (per l'operazione serve solo la maggioranza qualificata). Fin qui, la finanza creativa.

I restanti 26 però non ci stanno. La presidenza di turno (ungherese) lascia intendere che «prestito e sanzioni» viaggino su due binari separati ma, stando a diverse fonti diplomatiche, non è così. La logica è a "pacchetto", tutto si deve tenere. «Un conto è l'Europa e gli Usa che si muovono insieme, un altro l'Europa da sola», spiega un diplomatico. Senza infatti l'ok alla proroga delle sanzioni, l'America contribuirà con una quota molto minore (forse irrilevante).

Senza garanzie sufficienti sulla durata dell'immobilizzazione degli asset, infatti, la Casa Bianca dovrebbe passare dal Congresso, si spiega, per autorizzare il prestito da 20 miliardi. Orban, alquanto apertamente, vuole aspettare le elezioni presidenziali e vedere se il repubblicano Donald Trump la spunta. Mossa, quindi, squisitamente politica. Ecco perché è molto probabile che l'intera vicenda finisca sul tavolo dei leader in occasione del vertice del 17-18 ottobre. «Fin dove si spingerà il premier ungherese?», si chiede una fonte a conoscenza delle trattative.

Ora che i negoziati sulle conclusioni del Consiglio europeo entrano nel vivo, i paesi dovranno scoprirsi e l'Ungheria finirà sotto pressione. «Speriamo anche da parte di Washington», confessa un diplomatico. Insomma, qui non si tratta più (solo) di Unione europea divisa, che è un po' il suo funzionamento naturale. Ma Orban contro il presidente degli Usa Joe Biden. Il che è alquanto diverso.

In tutto ciò il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è recato nella regione di Sumi per incontrare i soldati e distribuire premi. «Sono grato per il vostro servizio e per aver difeso il nostro paese: ringrazio tutti i comandanti, i sergenti e i soldati per l'operazione a Kursk (in Russia), che ci ha aiutato molto a motivare coloro che ci forniscono pacchetti di supporto per le armi», ha dichiarato.

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