In corso i funerali di Mario Cerciello Rega: la cerimonia si tiene a Somma Vesuviana
SOMMA VESUVIANA - Sono appena iniziati a Somma Vesuviana i funerali di Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere dei Carabinieri ucciso a Roma.
La chiesa dei Francescani è stracolma di persone giunte per omaggiare il militare, morto mentre stava compiendo un'operazione in borghese. Svariate corone di fiori, mandate dalle massime cariche istituzionali, sono state poste all'esterno del luogo di culto.
«Pensavo fosse un pusher» - «Non avevo capito che era un carabinieri, ho avuto paura, credevo fosse uno dei pusher». È quanto ha detto al suo difensore che lo è andato a trovare in carcere Finnegan Lee Elder, il 19enne californiano che ha confessato di essere l'autore materiale delle 11 coltellate inferte a Cerciello Rega.
«Totale assenza di autocontrollo» - Le condotte dei due «testimoniano la totale assenza di autocontrollo e capacità critica evidenziandone la pericolosità sociale».
Lo afferma il giudice per le indagini preliminari (gip) di Roma nell'ordinanza con cui ha disposto il carcere per i due cittadini californiani autori dell'omicidio. «Fermati siamo carabinieri, basta». È quanto avrebbe urlato il carabiniere ucciso al giovane californiano durante l'aggressione mortale. A riferirlo il suo collega nell'annotazione sull'intervento contenuta nell'ordinanza di convalida del fermo dei due americani.
«Il vice brigadiere Cerciello Rega, a breve distanza da me, - dice il collega - ingaggiava una colluttazione con l'altro giovane e ricordo di aver sentito che urlava testuali parole: fermati siamo carabinieri, basta».
Nell'ordinanza con cui il gip ha ribadito il carcere per i due americani accusati viene sottolineata la «totale inconsapevolezza del disvalore delle proprie azioni come apparso evidente anche nel corso degli interrogatori durante i quali nessun dei due ha dimostrato di aver compreso la gravità delle conseguenze delle loro condotte, mostrando una immaturità eccessiva anche rispetto alla giovane età».
«Emergono il pericolo di fuga e il pericolo di concreto reiterazione dei reati analoghi desumibile dalle modalità e circostanza dei fatti», aggiunge il gip.
«Si tratta di due persone stabilmente residenti all'estero, presenti in Italia occasionalmente e sorprese dalla polizia giudiziaria in procinto di lasciare l'albergo subito dopo avere commesso i delitti in contestazione, condotta quest'ultima che non può non ritenersi finalizzata a far perdere le proprie tracce».