Il 26enne, schiacciato a terra dalla polizia per 5 minuti, è anche lui soffocato. La rabbia della famiglia
SAN FRANCISCO - Non a Minneapolis ma ad Alameda, California. Non un uomo afroamericano ma un giovane latinoamericano. L'unica cosa che accomuna George Floyd a Mario Gonzalez è la tragica morte, per soffocamento, durante un arresto da parte della polizia.
Se inizialmente il rapporto - contestato dai genitori del ragazzo - parlava di "cause mediche" è stato con la pubblicazione delle immagini delle dashcam degli agenti che si è potuta fare chiarezza.
Gonzalez, 26 anni, era stato fermato lo scorso 19 aprile perché in palese stato di ebrietà. Interrogato dagli agenti, aveva inizialmente faticato a fornire risposte sensate. Quando sono saltate fuori le manette, ha iniziato a opporre resistenza: «Ehi amico, non ho fatto niente di male», ha detto come riportano i media americani.
Così, dopo averlo bloccato uno degli agenti lo ha tenuto schiacciato a terra per almeno 5 minuti prima di accorgersi - con l'affievolirsi delle proteste - che aveva smesso di respirare. Dopo di che, il disperato (e vano) tentativo di rianimarlo.
Per la famiglia di Gonzalez si tratta di un chiaro caso di uso eccessivo della forza nei confronti di una persona non ostile e disarmata. Il giovane lascia orfano un figlio di 2 anni.
Al momento, conferma la polizia di Alameda, le indagini sul caso sono in corso ed è stata ordinata un'autopsia. I tre agenti coinvolti sono stati sospesi, fino alla fine del procedimento.