Un'Ong ha raccolto le testimonianze di più di 200 ex detenuti fuggiti a Sud riuscendo a identificare quasi 600 carnefici
PYONGYANG - Dalla tortura all'infanticidio. Seduti per ore e senza il diritto di muoversi o costretti ad abortire, i racconti di ex detenuti in Corea del Nord e riusciti a fuggire a Sud delineano un'organizzazione della giustizia basata sulla «distruzione dello spirito».
Korea Future è un'organizzazione non governativa fondata nel 2017, che si occupa di documentare le violazioni dei diritti umani che avvengono su suolo coreano. Nell'ultimo anno si è dedicata a una raccolta di dati e di testimonianze che cerca di fornire un quadro che sia il più vicino possibile alla realtà sulla vita dei carcerati. Ne è risultato che tra le mura delle almeno 148 strutture di detenzione presenti nel Paese di Kim Jong-un siano state perpetrate negli anni più di cinquemila offese fisiche e morali contro i detenuti da parte delle guardie.
Il database, che è liberamente consultabile sul sito dell'organizzazione, prende in considerazione più di 200 testimonianze che hanno reso possibile l'identificazione di 597 carnefici che si sarebbero macchiati di varie violazioni. Prima tra tutte, di cui sono stati documentati 1'162 casi, è l'interdizione alla salute. I detenuti non sarebbero stati, ad esempio, assistiti fisicamente e mentalmente, non sarebbe stata concessa loro un'assistenza sanitaria tempestiva e adeguata in caso di bisogno, o ancora sarebbero rimasti senza cibo e senza acqua per un certo periodo di tempo. La negazione della salute tocca anche la sfera sessuale e riproduttiva.
In un caso studio sulla struttura carceraria della contea di Onsong si raccontano le vicissitudini di una donna arrestata per aver parlato al telefono con una persona che si trovava al di fuori dalla Corea del Nord. Ha raccontato a Korea Future che per sei mesi è stata torturata ogni giorno per dodici ore. Doveva stare seduta, le gambe incrociate, e senza fare alcun movimento. Se si muoveva o se parlava con gli altri detenuti che si trovavano nella sua stessa sala, veniva picchiata. In seguito è stata condannata a 51 mesi e spostata in un campo rieducativo per aver commesso un "crimine di comunicazione internazionale".
Alla fine del suo periodo di detenzione è riuscita a fuggire con successo in Corea del Sud. Le sue parole, riportate dalla Bbc: «Quando finisci in questi posti, non puoi permetterti di essere un umano. Devi sopportare e sopravvivere. Ti picchiano con dei bastoni in legno. Entri camminando ed esci a quattro zampe. Ti distruggono lo spirito».
Diversi ex detenuti hanno raccontato di aver assistito a delle esecuzioni, anche di neonati. Una donna ha riferito di essere stata costretta ad abortire all'ottavo mese e che il bambino, che era comunque nato vivo, è stato ucciso. Secondo molti testimoni avvengono spesso casi di stupro o di violenze sessuali di vario tipo.