Salah Abdeslam ha spiegato nei dettagli per la prima volta perché ha deciso di non farsi esplodere il 13 novembre 2015
PARIGI - È entrato in un bar, si è guardato intorno, ha visto dei giovani. Quindi è uscito ed è fuggito. Salah Abdeslam, contro ogni previsione, ha deciso di parlare, sottolineando che «le persone qui presenti hanno bisogno di sapere la verità» e che «è l'ultima volta che ho l'occasione di farlo».
C'è stato un sospiro di sollievo, ieri, in aula a Parigi. Il processo degli attentati del 13 novembre 2015, aperto mesi fa, sta iniziando a trovare le risposte che cercava. Perché Abdeslam è l'unico sopravvissuto del commando che ha ucciso 132 persone ed è l'unico a non aver causato per via diretta nessuna morte. Dall'inizio del procedimento penale la corte ha interrogato assiduamente l'imputato cercando una motivazione valida e dopo mesi di silenzio, Abdeslam ha deciso di parlare.
Oggi 32enne, racconta di essere stato messo a corrente del "progetto" da parte del capo dell'operazione Abdelhamid Abaaoud l'11 novembre 2015, appena due giorni prima dell'attentato. «Non mi ha detto quale fosse il mio obiettivo, solo che avrei dovuto portare una cintura esplosiva e farmi esplodere». Racconta che per lui è stato uno shock, ma nonostante questo ha infine accettato.
Quindi la sera del 13 novembre, riportano i giornali francesi, ha accompagnato tre kamikaze allo Stade de France, tra cui il fratello maggiore, poi si è diretto in un bar nel XVIII arrondissement. «Sono entrato e ho chiesto da bere. Il posto era molto grande, a un angolo di strada, era pieno di gente. C'erano dei giovani. Ho deciso che non lo avrei fatto». Alle 21:59, dopo aver girato in tondo con la macchina fino a farla cadere in panne, ha abbandonato il veicolo. Dodici minuti prima una parte del commando aveva invaso la sala concerti del Bataclan e sotto lo stadio si erano già sentite le esplosioni.
«Non ricordo esattamente qual è stata la prima cosa che ho fatto, ma so di aver comprato un telefono, preso un taxi e buttato la cintura esplosiva». Racconta alla corte di aver rinunciato perché non aveva «né l'esperienza militare, né religiosa per fare questo. Gli altri avevano qualcosa che io non avevo. Non ho rinunciato per paura, ma per umanità».